Nulla di strano che un gatto si aggirasse per strada nottetempo, ma quello che ad alcuni era stato dato di vedere nei pressi della chiesa di Santa Maria a Canna incuteva un senso di disagio. A volte se ne era rimasto immobile sul ciglio della strada ad osservare con occhio gelido e sinistro il passante, altre volte si era come materializzato nelle tenebre per subito dileguarsi in un fruscio appena percettibile, altre volte aveva preso a seguire il malcapitato viandante; ma mai un miagolio, mai un atteggiamento dimesso: null'altro che una presenza ostile che raggelava la notte.
Già se ne commentavano le ormai innumerevoli apparizioni, a bassa voce, con riluttanza, col timore quasi di evocarne la sospetta presenza, e si evitava di percorrere di notte quel tratto di strada. Eppure quella notte l'uomo, da contrada Casale, aveva raggiunto il paese col suo asino, turbato dal solo pensiero della moglie febbricitante che rischiava di non vedere l'alba. Ed ora che percorreva il cammino a ritroso, guidando per la briglia l'asino su cui il medico cavalcava, l'inquietudine cedeva alla speranza che l'uomo di scienza avesse operato quel miracolo che invano aveva atteso da decotti ed occhiature. No, non c'era posto, quella notte, nella sua mente e nel suo cuore, per le fantasie popolari a cui pure, talvolta, suo malgrado aveva dato credito.
Fu così che, all'altezza della chiesa di Santa Maria a Canna, trasalì senza però spaventarsi alla vista di quel gatto che, in mezzo alla strada, si inarcò, arruffò il pelo, digrignò, soffiando, i denti aguzzi.
L'asino di colpo si irrigidì, arretrò, scalciò, si impennò disarcionando il medico che rovinò al suolo picchiando la testa.
"Son morto", egli disse, come trasognato, pur rialzandosi.
Il gatto gli lanciò un ultimo sguardo maligno, ghignante, e scomparve inghiottito dalla notte.
Il giorno successivo il medico fu rinvenuto esanime nel suo letto, ed il gatto non apparve più di notte nei pressi della chiesa di Santa Maria a Canna.