C'era chi sosteneva che fosse un angelo scacciato dal Paradiso per le sue irriverenziali biricchinate, ma in realtà non era che un folletto, agile, vispo, dispettoso, che si intrufolava nelle soffitte delle case e vi prendeva dimora, divertendosi a spaventare la gente. Nonostante questo, chiunque ambiva ospitarlo. Era convinzione diffusa che potesse, volendo, elargire ricchezze in quanto a conoscenza dei luoghi in cui erano sepolti antichi tesori.
Sporadiche e di scarsa rilevanza le sue presenze in paese. Si narra di una donna che ebbe la ventura di ritrovarselo nel sottotetto della propria abitazione e, in cambio di cibo, ne fu dotata di facoltà divinatorie. Il folletto si limitava a manifestare di tanto in tanto la propria presenza con scalpiccii e risatine chiocce a beneficio degli scettici e dei curiosi.
La zona prediletta dallo spiritello fu indubbiamente contrada Mattine dove dimorò, anche se in maniera discontinua, per lunghissimo tempo.
Si ricorda di una sua apparizione in casa di modesti mezzadri. Di notte se ne avvertiva lo scricchiolio dei passi su in soffitta e, sebbene nell'intera famiglia albergasse il sospetto che il folletto avesse preso alloggio presso di loro, un po' per timore, un po' perché le precarie condizioni economiche in cui versavano non consentivano sprechi, con l'ipocrita asserzione che fossero i topi a turbare i loro sonni, non si ottemperò ai doveri dell'ospitalità.
Le molestie notturne, intanto, col passare dei giorni crescevano di intensità finché, una notte, il trambusto tenne desta e col fiato sospeso l'intera famiglia sino all'alba, quando ogni rumore cessò all'improvviso del tutto.
Al mattino, la robusta scala di legno che collegava la cucina alla soffitta attraverso una botola fu rinvenuta in terra. Era stata quella la vendetta di Mazzamauriello che aveva definitivamente lasciato la casa.
Tempo dopo il folletto si rifece vivo, sempre in contrada Mattine, prendendo dimora nella soffitta di una vecchia casa in cui, a sera, i cinque figli più grandi di un agricoltore della zona si recavano a dormire, tutti nell'unico grande letto che da solo quasi occupava un intero stanzone a primo piano. Lo spiritello aveva praticato un foro nell'impiantito di legno, al disopra del letto, e si divertiva a rovesciare calcinacci e terriccio sui dormienti.
Più volte i ragazzi avevano provato a tappare il buco con stracci che sistematicamente venivano rimossi.
Si erano quasi assuefatti a questa fastidiosa presenza, quando una notte si sfiorò la tragedia. Ad uno di essi, Antonio, lo spiritello strappò il colletto della camicia fin quasi a strangolarlo. Fu allora che, dietro suggerimento degli anziani, per rabbonirlo ed anche nella speranza di esserne compensati, i ragazzi presero l'abitudine, la sera prima di mettersi a letto, di portargli su in soffitta del cibo che veniva regolarmente consumato.
I dispetti cessarono, però il folletto cominciò a diradare le proprie visite notturne finché, un giorno, scomparve del tutto.
Dovettero passare alcuni anni prima che Mazzamauriello ricomparisse in contrada Mattine.
Filomena era povera in canna: non possedeva altro che una schiera di figlie, tutte femmine, e le femmine, si sa, non erano che cambiali, a lunga scadenza ma pur sempre cambiali. Aveva ottenuto un fondo a mezzadria, male braccia erano inidonee, il terreno rendeva poco e le bocche da sfamare restavano tante.
Il più delle volte, quando verso le tre del pomeriggio i contadini sospendevano il lavoro per rifocillarsi all'ombra di una quercia, Filomena e le figlie, pur non avendo nulla da mangiare, sedevano in circolo fra le zolle, in vista di tutti, fingendo di consumare un'abbondante colazione. La gente la commiserava e le perdonava questa ingenua bugia.
Una sera Filomena sedeva sola, al fresco davanti alla casupola annessa al podere, quando qualcosa, cadendo, le sfiorò il viso. Si volse a guardare intorno ma non scorse nessuno. Non trascorse che qualche minuto che un tutolo di pannocchia la colpì alla spalla. Filomena si levò in piedi, scrutò intorno, chiamò una ad una le figlie attendendone invano una risposta. Pensò ad uno scherzo e rimase vigile, l'orecchio attento ad un qualsiasi possibile rumore. Non dovette attendere molto che un nuovo tutolo venne giù dalla finestrella della soffitta.
Questa volta Filomena si spaventò e si affrettò ad allontanarsi dalla casa, in trepida attesa del ritorno delle ragazze.
Costoro non ebbero il coraggio di andare a controllare su in soffitta, o forse non dettero credito a quanto la madre riferiva; comunque, la sera successiva, Filomena non fu sola a far da bersaglio, e tutti potettero intravedere il visetto arguto di Mazzamauriello far capolino dalla finestrella.
Da quel giorno, e per lungo tempo, il folletto fu ospite della casa. Dal paese la gente veniva quasi in pellegrinaggio, per interrogare, per sapere, per implorarne l'intervento contro malocchi e fatture, e taluni furono tanto fortunati da poterlo vedere arrampicarsi sui tetti e passeggiarvi con in testa una tiara tempestata di pietre preziose. Addirittura, una sera, si fece sì ardito che lo si vide camminare in equilibrio lungo la pertica sospesa al soffitto della cucina, quella che, per lo stato di estrema indigenza in cui la famiglia versava, ormai da tempo non veniva utilizzata per appendervi i salami ad essiccare. Filomena gli portava ogni giorno da mangiare, fiduciosa che lo spiritello l'avrebbe arricchita, e intanto accettava le offerte che la gente le faceva perché intercedesse per loro presso di lui.
Un malaugurato giorno Mazzamauriello si avvicinò ad una delle ragazze che era salita su in soffitta a portargli il vassoio solito col cibo e questa, presa da insana avidità, allungò una mano nel tentativo di strappargli la tiara dal capo.
Il folletto si ritrasse con un balzo e, urlando inviperito, fuggì dalla casa senza farvi più ritorno. Tuttavia a Filomena restò il dono della divinazione e la facoltà di esorcizzare, tanto che, finché visse, anche da paesi lontani le venivano condotti gli invasati perché ne scacciasse il diavolo dal corpo.