Si ispirava questo incantesimo (il rito è appunto conosciuto come 'nganda' li puorri) al concetto della purificazione tramite l'immersione in acqua. Il rito si compiva, per fasi successive, in cinque giorni.
Il primo giorno la guaritrice conduceva il paziente afflitto da verruche fin sulla riva del fiume Calore. La strada era impervia e scoscesa: una distanza di circa tre chilometri che andava percorsa a piedi. Qui la guaritrice imponeva l'immersione delle parti affette nell'acqua corrente, mentre essa raccoglieva dai campi un numero sufficiente di steli di grano.
Compiuto ciò, il paziente si disponeva presso la guaritrice che di uno stelo staccava un nodino e, tenendolo fra le punte delle dita della mano destra, con esso si segnava della Croce, toccandosi la fronte, il petto e gli omeri e invocando: "In nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo". Quindi strofinava il nodino su un porro ed alla sua contemporanea richiesta "Che taglio?", il paziente era tenuto a rispondere: "Puorro".
Un secondo nodino accompagnava il segno della Croce per essere poi strofinato su altra verruca, e ancora alla richiesta: "Che taglio?", il paziente rispondeva: "Puorro".
L'intera operazione si ripeteva tante volte per quante erano le verruche da cui liberare. Alfine tutti i nodini utilizzati, corrispondenti al numero delle verruche, chela guaritrice aveva accumulato e serbato nella mano sinistra, venivano consegnati al paziente perché li affidasse alla corrente del fiume. Ancora una volta il paziente era invitato ad immergere le parti oggetto della pratica terapeutica e la guaritrice, sfiorando il pelo dell'acqua con la mano aperta disposta verticalmente, vi tracciava ripetutamente il segno della Croce invocando, di volta in volta: "In nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo".
Conclusa questa prima fase, il ritorno al paese andava effettuato mantenendosi rigorosamente sul ciglio di via opposto a quello percorso all'andata. Il secondo giorno la guaritrice riceveva il paziente presso la propria abitazione. Da un mazzetto di steli di piante di grano staccava i nodini coi quali, singolarmente, si segnava della Croce prima di strofinarli sulle verruche, ponendo la domanda: "Che taglio?" ed ottenendo in risposta: "Puorro". Al termine i nodini, tanti quante le verruche, venivano raccolti in un pezzo di carta e consegnati al paziente il quale, senza rivolgere parola ad alcuno, doveva raggiungere un torrente, un ruscello, una fonte o comunque un rivolo d'acqua a cui affidarli, avendo poi l'accortezza di allontanarsi a ritroso, senza volgere le spalle al luogo in cui i frammenti di stelo erano stati abbandonati alle acque.
Il rito del secondo giorno andava invariabilmente ripetuto nel terzo, nel quarto e nel quinto successivi.