Diritto alla Storia - Capitolo 18
Fabrizio Gesualdo II, signore di Paterno dal 1584, aveva sposato Geronima Borromeo, sorella di Carlo santificato nel 1610, da cui aveva avuto quattro figli: Luigi, Carlo, Vittoria ed Isabella.
Carlo, il secondogenito, aveva sposato sua cugina Maria d’Avalos de Aquino, figlia del principe di Montesarchio e di Sveva Gesualdo, e dalla loro unione era nato Emanuele. Al bambino non era stato imposto il nome del nonno, avendo inteso riservare tale privilegio al primogenito Luigi, ma questi, dopo la nascita di Emanuele, era prematuramente venuto a mancare all’età di ventuno anni.
A Napoli, coinvolta nella brillante vita di corte improntata a svaghi e trasgressioni, Maria d’Avalos si era invaghita di Fabrizio Carafa, terzo duca d’Andria, e ne era diventata l’amante. Carlo Gesualdo, avvertito della tresca, nella notte compresa fra il 16 ed il 17 ottobre 1590 sorprese i due amanti, trucidandoli.
Suo padre, Fabrizio II, ricopriva la carica di Regio Consigliere di re Filippo II di Spagna e la sua influenza valse ad evitargli il processo, tuttavia egli fu costretto ad abbandonare la capitale divenutagli ostile per rifugiarsi nel castello di Gesualdo.
Il 1° aprile 1951 il viceré conte di Miranda accordò a Fabrizio Gesualdo II l’investitura della contea di Conza, nonché quella della città di Venosa cum titulo Principatus ipsi Loysio ... datum Toleti die XXX maj 15611.
con il titolo di principe, allo stesso Luigi suo padre ... concesso in Toledo il giorno 30 maggio 1561.
In quell’occasione il feudatario donò al figlio Carlo tutti i suoi beni, pur riservandosene ogni diritto fino alla propria morte.
L’università di Paterno viveva il suo periodo più florido, come documenta la copiosa produzione notarile. Iniziava a quel tempo l’attività di pubblico notaio Donato di Mastro Domenico, che della circostanza prendeva nota in questi termini: Primum Protocollum Incipit Mei Notari Donas Dom.co terre Paternj province principatus ultra ... hodie decimo nono mese oc.bris sex.e Ind. 15922.
Primo registro che fu iniziato da me, notaio Donato Domenico, della terra di Paterno, della provincia di Principato Ultra ... oggi, 19 ottobre, sesta indizione, anno 1592.
Si arricchiva di nuove abitazioni il borgo. Si edificava nell’area gravitante intorno alla porta di Castello ove le case dei maggiorenti, munite di grate di ferro alle finestre e di torri angolari provviste di feritoie, affacciavano su via della Dogana. Al disotto della Chiesa Madre, fra via della Dogana ed il Seggio, a ridosso degli orti e delle più vetuste case in muratura, un groviglio inestricabile di sovrapposti tuguri aveva originato un dedalo di viuzze putride e scure, ingombre di ripide scale e soffocate da archi e da bui sottopassaggi, che rispondevano ai nomi di Ruva sotto la Chiesa, Ruva di Angelo Grasso, Inchiosta, Ruva di Costantino, Carnalia. Qui i Petruzzo ed altri notabili ristrutturavano le proprie abitazioni; qui i de Martino non tralasciavano occasione di acquistare da privati, di assumere in permuta o di prendere a censo dalle istituzioni religiose casaleni e addirittura quote di case, perseguendo l’ambizioso progetto di realizzare una sontuosa dimora.
Lungo il tratto di via compreso fra la porta di Napoli e la piazza, là dove oggi insiste la gradinata che ascende alla porta maggiore della chiesa, si sovrapponevano, disordinatamente, vetusti e recenti abituri. I resti di tali costruzioni, alla fine del 1700, furono erroneamente attribuiti da Giuseppe De Rienzo alla sede del Seggio. In effetti il Seggio non fu mai una struttura in muratura, ma più semplicemente il nome dato al piazzale, oggi detto Sottochiesa, utilizzato, nel corso dei secoli XIV e XV, come luogo di pubbliche riunioni per l’adozione di provvedimenti di pubblico interesse e per l’elezione dei pubblici amministratori. Questo spazio, sul finire del XVI secolo, era ancora delimitato a Sud dalla cinta muraria, ricorrendo negli atti l’espressione alle mura dello Seggio3.
Costretto fra questo complesso edilizio ed il muro della chiesa, scendeva dalla piazza al Seggio un vicolo detto Ruga sotto al Campanaro4. Volgendo a sinistra, lungo la menzionata strada che conduceva a via della Dogana, si raggiungeva la cripta cimiteriale in cui gli spazi utili per le tumulazioni erano stati ripartiti fra le maggiori cappelle, di sicuro quella di Santa Monica, del Santissimo Rosario e del Corpo di Cristo. Naturalmente ne deteneva la porzione più consistente l’altare di San Nicola che disponeva, altresì, di uno spazio riservato alla esclusiva sepoltura del clero.
La porta di Napoli si ergeva alla sommità dell’attuale Primo Vicolo Sottochiesa, ad un livello più elevato di quello stradale attuale. Oltre essa si dispiegava l’antico ponte a mitigare il dislivello della scarpata e là dove due distinte abitazioni civili si congiungono oggi ad angolo a delimitare un piazzaletto iniziava la strada denominata Pendino della Fontana, un tratto della quale si evidenzia tuttora alla sommità della rampa che sovrasta la fontana a zampillo di piazza XXIV Maggio.
Ai piedi del ponte, a margine della strada, troneggiava una monumentale croce di pietra da cui principiava un sentiero, l’odierno Primo Vicolo Sottochiesa, che scendeva attraverso il Giardino della Corte ad imboccare l’Inchianata dello Pescone.
A monte, in linea col sentiero, dalla croce alla base della cinta muraria, sottoposto all’arcata del ponte, si era definito un breve vicolo cieco noto come Ruva dello Pesce, detto anche Ruva dei Sandoli, che successivamente prenderà il nome di Ruva dello Columbro. All’inizio di tale vicolo, coincidente coi locali a piano terra di una civile abitazione ivi ubicata, di proprietà dei Famiglietti, era stato di recente realizzato, in muratura, l’ospedale, o meglio il lazzaretto in quanto non destinato al ricovero ed alla cura degli infermi, ma piuttosto all’isolamento di soggetti colpiti da malattie infettive, quale il colera che, puntualmente ogni anno, si riproponeva all’insorgere della calura estiva.
Morì in quegli anni Fabrizio Gesualdo II e ne ereditò i feudi il figlio Carlo, unitamente ai titoli di 7° conte di Conza e di 3° principe di Venosa. Suo figlio Emanuele aveva sposato la nobildonna tedesca Polissena di Frustinberg da cui erano nate due sole figlie, Isabella ed Eleonora, destinata quest’ultima a prendere i veli monacali1.
Nell’anno 1595 Paterno fu tassata per 309 fuochi2. Mai così elevato era stato il numero dei suoi abitanti, né mai così diffuso il benessere in cui per la prima volta venivano ad essere coinvolte anche le classi più umili. Se ne erano largamente avvantaggiate le numerose chiese e cappelle fatte oggetto di elargizioni e legati, tanto da far avvertire la necessità di sottoporre a verifiche periodiche le contabilità rese dagli economi, chiamati ad amministrare beni sempre più cospicui. Quale revisore annuale dei conti, detto Razionale, veniva di regola incaricato il pubblico notaio. Io Notar Donato de Mastrodominico della Terra di Paterno, Razionale eletto dall’odierni Mastri, ed Economi della Cappella del Santissimo Rosario di Paterno, Girolamo de Marco e Giovambattista Litio Cappellano di detta Cappella, alla visione delli cunti dell’amministrazione fatta per Gabriele Zoina e Domenico de Geronimo olim (precedentemente) Mastri ed Economi di detta Cappella...3, si legge nella relazione relativa all’approvazione della contabilità resa per il periodo compreso fra la prima domenica di ottobre4 dell’anno 1595 ed il sabato della prima settimana di ottobre dell’anno 1596.
Si provvide in quegli anni alla compilazione dell’Inventario della Chiesa di S.to Angelo della T.ra di Paterno fatto dall’Abbate Fabrizio Dienolfi Rettore di detta Chiesa. Imp.s (In primis = Per iniziare) uno pezzo di Terra di t.la (tomoli) dodici in circa con più e diversi piedi di cerque (piante di quercia), sito nel Terr.o (territorio) di Paterno, dove si dice le coste di S.to Angelo (il terreno scosceso che costeggia il vallone a monte della fontana della Pescarella) iusta li beni della Chiesa di S.to Nicolò di d.a T.ra (detta terra) di Paterno da uno lato iusta li beni di Marino di Martino dal’altro lato, iusta la via publica di sopra iusta li beni di S.to Chirico da piedi et l’altri conf. (confini). Item uno pontillo (puntino = di estensione del tutto irrilevante) di T.ra di capacità di tre mezzetti in circa sito nello medesmo Terr.o di Paterno dove si dice allo Gaudo iusta li beni dell’herede del q.dam (quondam = defunto) Cola di Sabbatino da uno lato et da basso iusta la via publica da sopra. Item uno pezzo di T.ra di t.la quattro e mezze in circa, dove si dice l’isca da piedi di freddano (canale al disotto del Fredane) con piedi di cerque iusta la via publica da sopra e da uno lato iusta li beni di Giovanni di Salerno dallo altro lato iusta lo fiume di freddano da piedi. Item un pezzo di T.ra dove si dice lo Canalicchio di t.la dieci in circa con piedi di cerque e noci iusta li beni di S.to Nicolò di Paterno da uno lato iusta li beni del Sant.mo Rosario di d.a T.ra da sopra iusta li beni di Tomaso Zollo da basso iusta la via publica dallo altro lato. Item un altro pezzo di T.ra sito nel medesmo luoco dello Canalicchio di t.la tre in circa iusta li beni dello Sig. Geronimo Arcuccio da sopra iusta li beni di Marino di Martino da uno lato iusta li beni di Benedetto di Benedetto dallo altro lato et altri confini. Ottavio Pacillo di Paterno tiene in affitto perpetuo una vigna con’ terreno vacuo et con’ terreno anco piantato con’ olive noci et altri albori fruttiferi dove si hà fabricata una casa con un pozzo di capacità di t.la quattro in circa dove si dice la valla di S.to Angelo (valle di Sant’Angelo. Il riferimento è all’area declive che finisce nello scoscendimento delle omonime coste precedentemente menzionate) iusta la via publica da piedi e da uno lato iusta li beni dello q.dam Costantino di Martino da sopra iusta li beni di D. Pietro d’Amelio dallo altro lato delli quali luochi ne pagha ogni anno docati cinque. Lo tengono in affitto perpetuo D. Cesare e Gio: Camillo Fratelli di Martino per lo istesso prezzo di d.ti cinq: (ducati cinque) l’anno. Item un lotto con piedi d’olive dove si dice il bosco di S.to Angelo (boscaglia di limitata estensione a ridosso del vallone) di capacità di mezzo quarto di T.ra iusta li beni di Cesare e di Paolo Cuoco da uno lato iusta li beni di Fran.co Braccio dal’altro lato iusta la via publica da sopra iusta l’altri beni di d.a Chiesa di S.to Angelo da piedi.
Item uno hortale (appezzamento di terreno irriguo in cui si praticava la coltura di ortaggi) con vigna sito nello Terr.o di Paterno dove si dice l’hortale delli bordelli (gli orti delle casupole. Il termine bordello era stato acquisito dal francese “bordel”, che indicava appunto una capanna o una casupola, nel corso delle recenti invasioni. Il riferimento è alla campagna ad ovest dell’odierna via Carmine Modestino dove, presso ciascun orticello, erano state costruite baracche utilizzate oltre che come depositi di attrezzi, anche come ripari per i proprietari che vi pernottavano a guardia dei raccolti) di t.la due e mezze in circa iusta li beni di Carlo di Cicco da piedi e da tutti due li lati et iusta li beni di Gio: Pietro Picardo et altri confini1.
Comunque non le sole cappelle laicali beneficiavano della munificenza del popolo, ma ancor più spesso ne era destinatario il clero quale rappresentante della Chiesa Madre. Il 22 novembre 1597, in una controversia sorta per la spartizione dell’eredità di Savio Russo, Don Domenico de Antonello Arcipresbitero2, Don Angelo Casale, Don Giovanni Litio, Don Pietro di Amelio, Don Giovanni Leonardo di Sabatino e Don Cesare Litio, presbiteri, Cleri ditte maioris eccl. ...(Sacerdoti della detta chiesa maggiore), per mano del notaio Donato di Mastro Domenico, evidenziarono come Don Sabium Russum olim ... ultimum ... testamentum niquo legasse dicte ecclesie petium unum terre seminatorium situm nitess.o jesualdi ubi dicitur capo fenance ... intra dittam terram paterni ubi dicitur Laporta ...3
Don Savio Russo un tempo ... con l’ultimo ... testamento avesse concesso un legato a favore di detta chiesa su di un pezzo unico di terreno seminativo sito in territorio di Gesualdo dove è detto Capo Fenance ... ed altro in territorio di Paterno in località detta La Porta. Scarsa considerazione era invece riservata al monastero dei Minori Conventuali, di recente costruzione e tuttora non ultimato. Solo saltuariamente vi soggiornavano i quattro frati voluti dal donante Nicolangelo Petruzzo, ed il predicatore, improvvisato in tale funzione allo scopo di onorare l’impegno a suo tempo assunto, non poteva soddisfare le esigenze dei fedeli. Unico a risiedervi stabilmente era un frate guardiano, rozzo ed incolto, inadatto a conquistare il benché minimo rispetto all’ordine monastico che era chiamato a rappresentare. Per tale stato di precarietà chiunque si sentiva autorizzato a disporre a proprio piacimento dei prodotti del terreno del monastero, per cui, esasperato, Die rieso septima mensis martij xj Ind. 1598 in terra Paterni ... constitutus Vincentius de Onia de t.ra Sancti Manghi guardiani monasterij Sancti franciscj alias S.te Marie Pacis dite t.ra paterni ... il giorno 17 del mese di marzo, nell’undicesima indizione, anno 1598, nella terra di Paterno ... si è presentato Vincenzo de Onia, della terra di San Mango, guardiano del monastero di San Francesco, noto pure col nome di Santa Maria della Pace, di detta terra di Paterno ...
per denunciare continue intrusioni, da parte di estranei, nel fondo di proprietà del convento, al quale fanno danni et interessi1.
Nel 1598, morto Filippo II, gli succedette al trono di Spagna il figlio Filippo III.
Pressappoco in quel periodo morì in Paterno Marino de Martino che trovò probabilmente sepoltura sotto il pavimento della Chiesa Madre dove una pietra tombale, con ai piedi scolpito, sul margine destro, lo stemma della di lui famiglia, mostra la figura di un uomo non giovane, con barba al mento, disteso supino, il capo adagiato su un guanciale, le braccia incrociate sul corpo, vestito secondo la foggia del XVI secolo con giubbetto aderente, brache a strisce e calze fino al ginocchio. Nessuna conferma però può venire dall’antica iscrizione in quanto corrosa e parzialmente coperta dalla pedana di un altare.
Marino de Martino aveva espresso il desiderio che la propria memoria fosse legata alla costruzione di una chiesa. I figli, in esecuzione della volontà paterna, prescelsero come luogo una loro proprietà fuori dell’abitato, in località Piano, a margine della mulattiera che conduceva alla terra di Fontanarosa. L’opera2 fu portata a compimento nell’anno 1602, come ricorda la lapide che ne sovrasta l’ingresso: DON CESAR IOANE DOMIN IOANE CAMILL ET \ THOMAS GERMANI HOC OPU.s F.rt FECERT AD HONOREM \ BEATE MARIE VIRGINIS DE IURE PATRONAT PRO SE \ IPSIS ET NASCITURIS DUMTAXAT MARIBUS OB \ LEGATU DA MARINI DE MARTINO EORU. CO- \ MUNIS PATRIS A.NO D.NI 1602. Don Cesare il giovane, Domenico il giovane, Camillo e Tommaso, fratelli, questa chiesa laicale eressero in onore della Beata Maria Vergine, riservandone il diritto di padronato a se stessi ed ai propri discendenti, da destinarsi al solo culto di Maria, nelle Sue diverse attribuzioni, per disposizione di Marino de Martino, loro comune padre, nell’anno del Signore 1602.
Non tutti però rivelavano eguale disposizione d’animo nei confronti delle istituzioni religiose, anzi, al contrario, non mancava chi si provasse a defraudarle. Carlo Saldutto, erede di Monica e Giulio Fanfaro, ne aveva devoluto i beni alla cappella del Rosario, ma chi materialmente li deteneva ne rifiutava la restituzione. Per questa ragione, nell’anno 1606, il Cappellano Don Battista Litio ed il Procuratore Giacomo Curcio si videro costretti, al fine di far valere i diritti della Congregazione di cui erano rappresentanti, ad intentare azione legale1.
Il 16 settembre 1608 l’abate generale di Montevergine conferì al sacerdote Vespasiano de Stefanellis di Paterno il beneficio della cappella di Santa Maria de Canna, grangia alle dipendenze di San Guglielmo del Goleto, in territorio di Paterno2. Era una carica prestigiosa e remunerativa, ancor più ora che l’università godeva di una solida economia. Gli allevamenti di bovini e di ovini, le attività artigianali fra cui primeggiava la produzione di cotti in argilla, offrivano possibilità di lavoro a molti giovani delle terre limitrofe, anche se non mancava chi, di Paterno, vittima dell’arroganza e del dispotismo dei maggiorenti locali, era costretto a trasferirsi altrove. Così Giacomo Ciccotta era dovuto andare a vivere a Serino dove era divenuto fuoco acquisito, per cui si rese necessario scrivere, in data 14 febbraio 1609, ai Capitani dell’una e dell’altra università affinché l’uomo, per l’annuale contribuzione fiscale, non fosse conteggiato in entrambe3.
In tale clima di diffuso benessere, in cui non era difficile per la devozione tradursi in atti concreti di generosità, il sacerdote Don Vespasiano de Stefanellis non dovette attendere molto perché la sua situazione finanziaria mutasse radicalmente. Comprò, presso la porta di Castello, una casa che ristrutturò ed ampliò, e sull’architrave in travertino dell’ingresso fece incidere il proprio nome. Di esso si conserva un consistente frammento, riutilizzato in loco, in cui si evidenzia la scritta VESPASIAN D. STEFA...
A conferire maggior lustro ed onore all’uni-versità di Paterno giunse, nell’anno 1611, l’elezione di Urbano Russo ad abate generale di Montevergine. Furono grandi la soddisfazione e la gioia in questa terra, da sempre devota a quella Madonna, offuscate però da un tragico evento. Un incendio distrusse buona parte del monastero. Nell’incendio di Montevergine accaduto il 22 maggio 1611 morirono oltre 400 uomini e donne, la maggior parte della città di Aversa. Dalle cronache di Montevergine è scritto un diario dell’epoca (che rivela) di un uomo della città di Aversa, uomo balordo, il quale colla più audace tracotanza (finì) col condurre seco in quel sacro luogo grascioso commestibile (costoso e abbondante cibo) e donne di infernale odore. In sostanza ci fu un’orgia poiché erano tutte puttane e donnaioli, basti pensare che furono trovate donne vestite da uomo e uomini da donne4.
Per rimediare ai guasti dell’incendio l’abate dovette impegnare le sue energie migliori, ed i risultati furono tali da meritargli la lapide che attesta: Urbanus Russus a Paterno ... restauravi ad pristinam seu meliorem formam. Urbano Russo da Paterno ... restituì all’originaria o migliore condizione. Intanto in Paterno, il 16 maggio 1611, era stato eletto nella persona del reverendo Don Pietro de Amelio il nuovo cappellano della cappella del Rosario, in quanto diebus non longe decursis, sicut Domino placuit, Reverendum D. Joannem Baptistam Litium Cappellanum dictae Cappellae, ex hac vita discessisse, et vitam cum morte commutasse.
non molti giorni addietro, come piacque al Signore, il reverendo Don Giovanni Battista Litio, cappellano di detta cappella, da questa vita si era separato, ed aveva permutato la vita con la morte.
In quell’anno era sindaco di Paterno Battista de Calcola, e gli eletti erano Crisostomo Litio, Fabrizio Coco e Benedetto di Benedetto, tutti iscritti alla Congregazione del Rosario5.
E’ evidente come le cariche pubbliche e gli incarichi di carattere religioso fossero accentrati nelle mani di pochi privilegiati, tanto da conferire loro un potere quasi illimitato che consentiva di ridurre le masse incolte ad uno stato di totale soggezione e dipendenza. In verità il governo si sforzava di semplificare la vetusta e farraginosa legislazione ispirata alla conservazione di antichi privilegi, retaggio dei passati domini, con l’adozione di norme più chiare che però stentavano a trovare applicazione per le stesse resistenze di coloro che, investiti di cariche istituzionali, avrebbero dovuto invece garantirle.
In quest’ottica fu promulgata la prammatica del 27 febbraio 1612 che introduceva il computo dell’anno, su tutto il territorio del regno, a decorrere dal primo giorno del mese di gennaio, per ovviare alla confusione che nasce dalla varietà, che si usa in questo regno nel computare il principio dell’anno, poiché alcuni usano computarlo dal dì della Santissima Trinità di Nostro Signor Gesù Cristo; altri dal primo giorno di gennaio, altri dal 25 marzo della Santissima Incarnazione, ed altri dal primo settembre per indizione, e volendo rimediare a detto disordine, et a molti errori, che da questo computo nascono particolarmente in danno delle povere università del predetto regno, nei loro conti, che tengono con i percettori o ministri pecuniari, nei quali si computa per indizione, vengono a fare diversi errori, trattandosi i loro negozi per lo più da persone semplici, ed idioti, ...1.
Per un banale incidente di caccia, Emanuele Gesualdo perse la vita il 20 agosto 1613. Suo padre Carlo, che nel più che ventennale volontario esilio trascorso nel castello di Gesualdo si era dedicato alla composizione di quei madrigali che gli avrebbero conferito fama imperitura, non resse al dolore e venne a mancare il 10 settembre dello stesso anno2. Fu sua nipote Isabella a succedergli nei feudi e, nel 1615, pagata la prescritta tassa di successione, ottenne, nel cedolario di Montefusco, l’intestazione delle terre, in provincia di Principato Ultra, di Conza, Sant’Andrea, Cairano, Gesualdo, Calitri, Castelvetere, Frigento, Fontanarosa, Luogosano, Montefredane, Paterno, Sant’Angelo all’Esca, Taurasi, Teora, Sant’Agnese e San Pietro in Delicato. Isabella aveva sposato Nicolò Ludovisio, duca di Zagarolo, e da questo matrimonio era nata una sola figlia di nome Lavinia3.
Nel 1616, a Napoli, fu nominato il nuovo viceré nella persona di Don Pietro Giron, duca d’Ossuna. Erudito, amante delle lettere e delle arti, nutriva costui profonda avversione per i baroni, superbi ed incolti. Di idee progressiste, iniziò ad attuare un piano di democratizzazione per effetto del quale necessariamente venivano a porsi dei limiti ai privilegi feudali. Il risentimento della nobiltà fu immediato ed unanime ed il viceré, temendo reazioni armate, dispose il dislocamento di forze militari nei punti strategici del territorio. Furono altresì rinforzati i contingenti di stanza in Paterno ed in Ariano, preposti al controllo delle due principali arterie di collegamento con la Puglia.
Anche se l’università si trovò a dover far fronte alle spese per il sostentamento della truppa distaccata sul suo territorio, tutto ciò lasciava indifferenti i cittadini di Paterno. Napoli era lontanissima perché gli echi delle tensioni politiche potessero coinvolgerli. La vita continuava a scorrere con immutata operosità e le individuali disponibilità di cospicue somme di danaro consentivano dinamicità di scambi e costituzione di fondi di notevole estensione. Nel gennaio 1617, con atto del notaio Tullio Zoina, assistito da Cesare Longo in sostituzione del giudice regio Crisostomo Litio, Pietro de Amelio riacquistò da Alfonso, a cui lo aveva venduto col patto del retrovendendo, per lo stesso prezzo di 70 ducati, un terreno seminativo, di circa otto tomoli, con querce, sito in località Gaodo1, presso il vallone2.
Dolore e delusione si diffusero invece, nell’anno 1618, alla notizia della morte dell’abate di Montevergine Urbano Russo3; ma subito dopo ci si infervorò per il rinnovo delle cariche amministrative in cui Nicola de Sandolo ottenne la nomina a sindaco e gli eletti furono Domenico Antonio Stefanellis, Cesare Longo, Angelo di mastro Giacomo ed Orlando de Brazzo4.
Ai nuovi amministratori rimase ben poco oltre la soddisfazione dei risultati ottenuti. L’università accusava un consistente deficit di bilancio, avendo dovuto anticipare quanto necessitava per il soggiorno del nuovo contingente militare distaccato in Paterno, poiché le terre che erano tenute a contribuire alle spese non vi avevano provveduto con la dovuta sollecitudine. Lamentavano, queste, indisponibilità finanziarie e chiedevano di essere autorizzate a far ricorso ad una tassazione straordinaria.
Solo in data 29 maggio 1619 l’università di Forino ottenne il regio assenso per l’imposizione di una tassa aggiuntiva, in ragione di tre carlini per oncia, al fine di saldare il debito contratto con le università di Ariano e di Paterno, quale contributo dovuto per gli alloggiamenti militari5.
A Napoli cresceva intanto la tensione. Nel 1620 il viceré Don Pietro Giron, duca d’Ossuna, per guadagnare il popolo alla sua causa, abolì la gabella sulla frutta imposta nel 1606, ma ormai la sua posizione risultava irrimediabilmente compromessa. Intensificando le pressioni sulla Corona di Spagna, la nobiltà ne ottenne la destituzione ed il governo del viceregno fu affidato al cardinale Borgia.
Don Giulio Genoino, schierato sulle posizioni del duca d’Ossuna, incitò il popolo alla sommossa ed organizzò una milizia di malavitosi allo scopo di imporre il riconoscimento della parità del voto in Parlamento, avendovi valore limitato quello dei rappresentanti dei cittadini. Da maggio a luglio Napoli fu in uno stato di costante agitazione. Alla fine il Borgia riuscì ad insediarsi in città, riportandovi l’ordine in seguito all’arresto di don Giulio Genoino.
Col ritorno alla normalità il grosso del contingente militare fu ritirato da Paterno ove rimasero i soli addetti ai pezzi di artiglieria istallati nella torre ed il drappello di soldati che aveva il compito di pattugliare la strada e di proteggere i trasporti di frumento dalle insidie del brigantaggio. Ne conseguì uno sgravio fiscale per l’università, unitamente all’afflusso di maggiori ricchezze dovute all’intensificazione dei traffici, di cui ancora una volta si avvantaggiarono chiese e cappelle.
Queste ormai amministravano ingenti patrimoni fra terreni e case, e fra esse la più dotata era quella di Santa Monica. Nell’anno 1621 di questa era procuratore Giulio de Amato che in tale qualità, in data 24 febbraio, concesse in locazione, a Giacomo di Mastro Dominico, per un censo annuo di sei grana, una casa in località La Porta6.
Nell’anno 1623 furono eletti procuratori della cappella di Santa Monica Andrea de Latrico ed Antonio de Giaia, mentre Giovanni Zoina lo era di quella del Corpo di Cristo. Probabilmente lo stesso, indicato però col nome di Giovanni Maria Zoina, ricoprendo l’incarico di economo della cappella di Santa Monica, nell’anno 1627 fu eletto procuratore della cappella di Maria Santissima della Consolazione7. La Sacra Immagine della Vergine era stata fatta oggetto, negli ultimi anni, di numerosi lasciti e donazioni di cui, da più parti, si avvertiva la necessità di formulare una dettagliata elencazione, sì da legittimarne in maniera incontrovertibile il possesso.
Fu così che, su richiesta e dietro indicazione dei signori Alfonso Cuoco, Muzio Zoina, Vincenzo Antonio Zoina, Michaele Angelo Russo, Donato di Carlo, Pietro Debrazzo, Michele Angelo Polese e Minico Zarri, il notaio Tullio Zoina provvide a redigere l’inventario dei beni della cappella di Maria Santissima della Consolazione: Die vigesimo nono mensis martij dec.ma Ind. mille sexcentesimo vigesimo settimo paternij a ditto die cora nost. comparet domnus joannes maria zoina trre p.ne adpns jconomus, et procurator beni capp.e Sante Marie Consolationis ditte t.e at.e Santa Monaca de jus patronatus in st. t.re pre.tta sita ditta capp.a intus ten. ecc.as Santi nicolaj maiore ecc.as eiusdem t.re qui ... requisivit nos ... bona essent descritta, annotata et inventariata ... casale: jtem detta capp.a possede una vigna sita nel territorio de detta t.ra dove se dice lo casale justa li beni de rosa de crapa da sopra da uno lato la via publica et da sotto la via vecenale et da laltro lato li beni de cesare modestino et e de capacita de uno tummolo incirca. costa delo ponte: jtem detta capp.a possede uno pezo de t.ra co piedi de cerze et cierri dintro de capacita de tommola sej incirca sito in ditto territorio dove se dice la costa delo ponte justa li beni de tomasi zoina da sopra justa li beni de livio zoina da sotto et da uno lato, justa li beni de gio: camillo de mattia da laltro lato et altre confine. s.to andrea: jtem ditta capp.a possede una vigna de capacita de uno tummolo incirca co uno c.po contiguo de capacita de uno mezetto incirca sita in ditto territorio dove se dice santo andrea, justa la via publica dasopra et da uno lato et permezo sparte li beni de iacova de m.o iacovo justa li beni de detta iacova da laltro lato justa li beni de angilo de m.o iacovo dasotto et altre confine. s.to andrea: jtem detta capp.a possede uno rachio de t.ra sito nel istesso territorio, et loco sopra la p.tta vigna co piedi de cerza dintro de capacita de uno mezetto incirca justa li beni dela capp.a del rosario da sopra justa li beni de fabritio de m.o iacovo da uno lato li beni de iacova de m.o jacovo dalaltro lato la via publica dasotto et altre confine. s.to andrea: jtem detta capp.a possede uno pezzo de t.ra de uno tummolo et mezo incirca co piedi de cerze et nucj dintro sito nel istesso loco et territorio justa li beni dela ecc.a de santo nicola da sopra da uno lato li beni de gio: camillo de martino dalaltro lato et da sotto la via pub.ca et altre confine lo hanno venduto a detta capp.a co lo patto de retrovertendo gio: camillo torio, et lisania sabatino docatj decenove. canalichio: jtem detta capp.a possede uno rachio de t.ra de capacita de uno tummolo incirca sito in ditto territorio dove se dice canalichio justa li beni de giulio damato da sopra li beni de fabrizio petroziello da sotto, la via publeca da uno lato et altre confine. canalichio: jtem detta capp.a possede uno rachio de t.ra de uno tummolo et mezo incirca co piedi de cerze dintro sito in ditto teritorio dove se dice lo canalichio justa li beni de andrea de cicco da sopra justa li beni de laorienzo sara da sotto justa la via publeca da uno lato, justa li beni de s.to nicola de detta t.ra dalaltro lato co altre confine. vallara: jtem detta capp.a possede una vigna de capacita de tre quarti incirca sita in ditto territorio dove se dice lle vallara seu casalichio justa li beni de giulio zarri dasopra, justa li beni de andrea delatrico da uno lato justa lo vallone da sotta, et altre confine. vallara: jtem detta capp.a possede uno campetiello sito nelo istesso territorio, et loco de capacita de uno mezetto incirca co piedi de cerze dintro j.ta da sopra detta vigna justa li beni delo s.mo corpo de xsto de detta t.ra da sopra, et da uno lato justa lo vallone da sotta et altre confine. vallara: jtem detta capp.a possede uno pezzo de terra sito nelo istesso loco et territorio delle vallara de capacita de tommola sej incirca justa la via publica dasopra justa lo vallone dasotto, justa li beni de gio: zoina da uno lato justa li beni de carlo de mastro angilo dalaltro lato, et altre confine. s.to felice: jtem detta capp.a possede una vigna de capacita de uno mezetto incirca sito nello istesso territorio dove se dice santo felice justa li beni de mazeo grasso circumcirca seu intorno intorno. machione: jtem detta capp.a possede una rasola de vigna de uno mezetto incirca co piedi de olive dintro sita nello istesso terr.o dove se dice lo machione justa li beni de sabato delo grieco da sopra, justa li beni de lonardo de orricolo da sotta, justa li beni de gio: modestino da uno lato, justa li beni de alfonso russo dalaltro et altre confine. pescara: jtem detta capp.a possede la mita delle olive quale sono dintro la vigna de dominico de salierno sita in ditto territorio dove se dice la pescara justa la via pup.ca da uno lato et da sotta justa li beni de Bartomeo de lecce dalaltro lato, justa li beni de mattia de mastro angilo, et altre confine. piano: jtem detta capp.a possede uno campo co piedi de olive cerze et altri arbori frottiferi dintro quale so del gio: giulio deblasi sito in ditto territorio nelloco dove se dice lo piano justa li beni de gio: battista avisato da sopra justa li beni dela capp.a de monteserrato de detta t.ra da uno lato et da sotta justa li beni de dominico de mastrangilo dalaltro lato, et altre confine. capogani: jtem detta capp.a possede una vigna co uno campo de capacita de uno tummolo e mezo incirca sita in ditto terr.o dove se dice li capogani justa la via pup.ca da sotta justa li beni de gianoario cuoco da uno lato, et altre confine. aquasalza: jtem detta capp.a possede g. comune et indiviso co la capp.a del corpo de xpto de detta t.ra uno pezzo de t.ra sito nel terr.o de gesoaldo neloco dove se dice laquasalza justa li beni de monsig. vescovo de frecento et avellino da sopra justa li beni de dominico antonio stefaniello da sotta et altre confine. cesenelle: jtem detta capp.a possede g. comune et indiviso co la capp.a p.tta del corpo de xpto uno pezzo de t.ra co piedi de cerze dintro sito nel terr.o de Patierno neloco dove se dice lle cesenelle justa li beni de dom.co antonio stefaniello da uno lato justa li beni de santo nicola de ditta t.ra da sotta et li beni de alfonzo de cicco simielmente da sotto, et altre confine quale e de tommola cinq. incirca. cesenelle: jtem detta capp.a possede g. comune et indiviso co la p.tta capp.a del corpo de xpto uno pezzo de t.ra de tommola quattro incirca sito in ditto terr.o et loco co piedi de cerze, et uno piro dintro justa li beni de santo chirico da sopra justa li beni de sabrino de m.o iacovo da uno lato, justa li beni de santa maria dela gratia de detta t.ra da sotto, et altre confine. cesenelle: jtem detta capp.a possede g. comune et indiviso cola p.tta capp.a del corpo de xpto uno pezzo de t.ra conpiedi de cerze dintro de capacita de tommola quattro incirca sito nel istesso terr.o et loco justa li beni de santo nicola da sopra justa li beni de gio: battista pacillo da sotta justa li beni de s.ta maria a canna da uno lato, justa li beni de fran.co debrazzo dalaltro lato et altre confine. cesenelle: jtem detta capp.a possede g. comune et indiviso co la capp.a p.tta del corpo de xpto unaltro pezzo de t.ra de capacita de tommola doie et mezo incirca con piedi de cerze, et nucj dintro sito nelostesso terr.o et loco justa li beni de fran.co debrazzo dasopra justa li beni de gio: battista pacillo da uno lato, justa li beni de alfonso cuoco dalaltro lato, et da sotto li beni de dominico antonio stefaniello, et altre confine. frutti: jtem detta capp.a possede la mita de tutti li fruttj et arbori chi sono dintro li p.tti territorij siti alle cesenelle laquale mita de fruttj la have comparata dal gio: lelio cuoco, et laltra mita detta capp.a la possede g. comune et indiviso co la ditta capp.a del corpo de xpto. matina: jtem detta capp.a possede uno pezzo de t.ra de capacita de tommola cinq. incirca sito nel terr.o de detta t.ra nello loco dove se dice la matina justa la via publeca da sopra justa li beni de gio: camillo de martino da uno lato, et da sotta j.ta pezzo de t.ra boscato et altre confine. vado delo passagio: jtem detta capp.a possede uno pezzo de t.ra g. comune et indiviso co la p.tta capp.a del corpo de xpto de capacita de tommola tre incirca sita in ditto terr.o dove se dice lo vado delo passagio justa la via publeca da uno lato et dasotta justa lo vallone dalaltro lato et altre confine. farasini: jtem detta capp.a possede g. comune et indiviso co la p.tta capp.a del corpo de xpto uno pezzo de t.ra co uno pede de noce dintro de capacita de tommola doie incirca sito nel terr.o de gesoaldo nelloco dove se dice li farasini justa li beni de santa maria a canna da sopra justa li beni de gio: camillo de martino da uno lato justa li beni de dom.co antonio stefaniello dalaltro lato, et altre confine. piescocupo: jtem detta capp.a possede dui sacchi de t.ra siti in ditto terr.o de patierno dove se dice piesco cupo q.li sono dintro li territorij de alfonso, et altri de casa de cicco et j.ta allo loco dove era la loro vigna q.li confinano co li p.tti de cicco. aquadelifranci: jtem detta capp.a possede g. comune et indiviso co la p.tta capp.a delo corpo de xpto uno campo de capacita de uno quarto incirca co piedi de olive dintro sito in ditto terr.o nelloco dove se dice laqua deli frangi justa li beni de giulio cuoco da sopra justa la via vecenale da uno lato, et da sotto justa la via publeca da laltro lato, et altre confine. aquadelifranci: jtem detta capp.a possede una vigna co campo de capaceta de uno mezetto incirca sita in ditto terr.o dove se dice laqua deli frangi justa li beni de antonio de giaia da sopra justa li beni de carlo de m.o angilo da sotta justa li beni de claodia cecer da uno lato q.le e co piedi de cerze dintro ne paga quolibet antonio de giaia carlini sej. pescone: jtem detta capp.a possede uno horteciello sito in ditto terr.o dove se dice lo pescone de capaceta de meza metriada incirca justa li beni de gio: camillo petroziello da uno lato justa li beni de marciano petroziello dalaltro lato justa li beni de nardangilo vassallo da sotta, justa li beni de gio: camillo de martino da sopra, et altre confine. pescone: jtem detta capp.a possede unaltro horticiello de una metriada incirca sito nello istesso territorio et loco justa li beni de gio: de brazzo da uno lato, justa la via publeca dasotta justa li beni de nardangilo vassallo dalaltro lato, justa lo giardino dela corte da sopra et altre confine. dereto corte: jtem unaltro horteciello possede detta capp.a g. comune et indiviso co la capp.a del corpo de xpto de capaceta de uno quarto incirca co piedi de olive dintro sito in detto terr.o nello loco dove se dice dereto corte justa li beni de sabato delo monaco da sopra justa li beni de fran.co de salierno da sotto, justa li beni de gio: camillo de mattia da uno lato, justa li beni de santo fran.co de detta t.ra dalaltro lato, et altre confine. taverne: jtem detta capp.a possede una casa co grotta et magazeno g. comune et indiviso con mattia de mastro iacovo sita dove se dice lle taverne justa li beni de laorienzo tono da uno lato, justa li beni de marciello tono dalaltro lato et dasotta, justa la via publeca da sopra, et altre confine. furno: jtem detta capp.a possede g. comune et indiviso co la capp.a delo corpo de xpto una casa sita dintro detta t.ra dove se dice lo furno justo la via publeca da sopra justa la via vecenale da uno lato justa li beni de gio: camillo de mattia dalaltro lato et da sotta quale casa sta proprio dove se dice la ruga de angilo grasso. porta de sopra: jtem detta capp.a possede g. comune et indeviso co la capp.a delo corpo de xpto uno juso terragno sito dintro detta t.ra dove se dice la porta de sopra justa li beni de ualla diana coca da uno lato, justa li beni de jacovo de salierno da sopra justa li beni del gio: patritio debrazzo da laltro lato justa la via publeca da sotta et altre confine. s.to vito: jtem detta capp.a possede una casa sopra solaro sita dove se dice s.to vito justa li beni de tomasi de martino da sopra da sotta et da uno lato, et altre confine. Rienditi in denari pietro de m.o jacovo paga a detta capp.a ogni anno imp.m carlini undicj de riendito de uno campo sito ali capogani, justa li beni de donno andrea russo da sotta justa li beni de donno michele russo da uno lato et altre confine. gio: troiano de rienzo rende ogni anno jmp.m alla detta capp.a car.ni cinq. de uno rachio de t.ra sito dove se dice santo pietro chi nge uno cieozo de capaceta de uno tummolo incirca justa li beni de s.to pietro circumcirca. ualla diana coca rende a detta capp.a ogni anno imp.m uno carlino de una vigna chi possede sita alo piano justa la via vecenale da sopra justa la via publeca da sotta li beni de gio: battista pacillo da uno lato et altre confine. la herede de cesaro de martino paga de rendito ogni anno imp.m alla detta capp.a uno carlino de uno horto chi possede sito alaqua deli frangi justa li beni de nicola cuoco da uno lato justa li beni deli heredi del gio: dominico vassallo da sotto, justa li beni de angela coca dalaltro lato et altre confine.
Notar tullio zoina paga lo cenzo a detta capp.a ogni anno car.ni dudici et grana otto de cenzo p. lo prezzo de docatj sidicj ala ragione de docatj otto per centenaro co lo patto de retrovendendo1.
" " Il giorno 29 del mese di marzo, decima indizione, dell’anno 1627, a Paterno. In detto giorno compare alla nostra presenza il signor Giovanni Maria Zoina della terra di Paterno, rappresentante, economo e procuratore dei beni di Santa Maria della Consolazione di detta terra, e di Santa Monica soggetta a diritto di padronato nella stessa predetta terra, sita, detta cappella (di Santa Maria della Consolazione), all’interno della chiesa di San Nicola, Chiesa Maggiore della stessa terra, il quale (Giovanni Maria Zoina) ... richiese a noi ... che i beni (della cappella di Santa Maria della Consolazione) siano descritti, annotati ed inventariati ... Casale: Precisamente detta cappella possiede una vigna sita nel territorio di detta terra in località detta Casale, confinante coi beni di Rosa de Crapa di sopra, con la strada pubblica da un lato, con la via vicinale nella parte inferiore e, dall’altro lato, con i terreni di Cesare Modestino. La vigna misura all’incirca un tomolo2. Costa del Ponte: Inoltre detta cappella possiede un pezzo di terreno con querce e cerri della superficie di circa sei tomoli, sito in detto territorio in località chiamata la Costa del Ponte3, confinante coi terreni di Tommaso Zoina nella parte superiore, con quelli di Livio Zoina nella parte inferiore e da un lato, coi beni di don Camillo de Mattia dall’altro lato, nonché con altri poderi. Sant’Andrea: Inoltre detta cappella possiede una vigna della misura di un tomolo circa, con un terreno contiguo di circa un mezzetto4, sita nel detto territorio dove si dice Sant’Andrea, confinante con la strada pubblica nella parte superiore e da un lato, inserita fra i terreni di Giacoma di mastro Giacomo che ne risultano divisi, confinante con le terre della stessa Giacoma dall’altro lato, nonché con la proprietà di Angelo di mastro Giacomo nella parte inferiore e con altri poderi. Sant’Andrea: Inoltre detta cappella possiede una striscia di terra sita nello stesso territorio e nella stessa località, al disopra della predetta vigna, con dentro piante di quercia, della superficie di un mezzetto circa, confinante coi beni della cappella del Rosario nella parte superiore, con la proprietà di Fabrizio di mastro Giacomo da un lato, con quella di Giacoma di mastro Giacomo dall’altro, e nella parte inferiore con la via pubblica, nonché con altri poderi. Sant’Andrea: Inoltre detta cappella possiede un pezzo di terra di un tomolo e mezzo circa, con dentro piante di quercia e di noci, sito in località e territorio suddetti, confinante con la proprietà della chiesa di San Nicola lungo la parte superiore, con i possedimenti di don Camillo de Martino da un lato e, dall’altro lato e nella parte inferiore, con la strada pubblica, nonché con altri confini. Lo hanno venduto a detta cappella, col patto di retrovertendo5, don Camillo Torio e Lisania Sabatino per 19 ducati. Canalicchio: Inoltre detta cappella possiede una striscia di terra della misura di un tomolo circa, sita nel detto territorio dove si dice Canalicchio, confinante con la proprietà di Giulio d’Amato lungo la parte superiore, con quella di Fabrizio Petroziello nella parte inferiore, con la strada pubblica da un lato, nonché con altri poderi. Canalicchio: Inoltre detta cappella possiede una striscia di terra della misura di circa un tomolo e mezzo, con piante di quercia, sita nel detto territorio in località chiamata Canalicchio, confinante con la proprietà di Andrea de Cicco nella parte superiore, con i possedimenti di Lorenzo Sara nella parte inferiore, con la strada pubblica da un lato, con i beni della chiesa di San Nicola di detta terra dall’altro lato, nonché con altri poderi. Vallara: Inoltre detta cappella possiede una vigna della misura di tre quarti1 circa, sita nel detto territorio dove si dice Le Vallara o Casalicchio2, confinante con la proprietà di Giulio Zarri nella parte superiore, con quella di Andrea de Latrico da un lato, col vallone nella parte inferiore, nonché con altri poderi. Vallara: Inoltre detta cappella possiede un campicello sito nello stesso territorio e nella stessa località, della misura di un mezzetto circa, con dentro piante di quercia, giusto sopra la suddetta vigna, confinante con i possedimenti del Santissimo Corpo di Cristo di detta terra nella parte superiore e da un lato, col vallone nella parte inferiore, nonché con altri poderi. Vallara: Inoltre detta cappella possiede un pezzo di terra sito nello stesso territorio e nella stessa località detta Le Vallara, dell’estensione di circa sei tomoli, confinante con la strada pubblica nella parte superiore, con il vallone in quella inferiore, con la proprietà del signor Zoina da un lato, con quella di Carlo di mastro Angelo dall’altro lato, nonché con altri poderi. San Felice: Inoltre detta cappella possiede una vigna della misura di circa un mezzetto, sita nello stesso territorio in località detta San Felice, confinante con i terreni di Mazzeo Grasso che la circondano completamente. Macchione: Inoltre detta cappella possiede una parte di vigna della misura di un mezzetto circa, con piante d’olivo, sita nello stesso territorio in località detta Macchione3, confinante con la proprietà di Sabato del Grieco nella parte superiore, con quella di Leonardo de Orricolo nella parte inferiore, con quella di don Modestino da un lato, con quella di Alfonso Russo dall’altro, nonché con altri poderi. Pescara: Inoltre detta cappella possiede la metà degli olivi che risultano nel vigneto di Domenico de Salierno, sito nel detto territorio, in località denominata Pescara, confinante con la strada pubblica da un lato e lungo la parte inferiore, con la proprietà di Bartolomeo de Lecce dall’altro lato, nonché col terreno di Mattia di mastro Angelo e con altri poderi. Piano: Inoltre detta cappella possiede un campo con piante di olivo, querce ed altri alberi da frutto, che appartengono al signor Giulio de Blasi, sito nel detto territorio, in località chiamata Piano, confinante con la proprietà del signor Battista Avisato nella parte superiore, con quella della cappella di Monteserrato di detta terra da un lato e lungo la parte inferiore, con quella di Domenico di mastro Angelo dall’altro lato, nonché con altri poderi. Capuani: Inoltre detta cappella possiede una vigna con un campo della misura di un tomolo e mezzo circa, siti nel detto territorio, in località detta Capuani, confinante con la strada pubblica nella parte inferiore, con la proprietà di Gianoario Cuoco da un lato, nonché con altri poderi. Acquasalsa: Inoltre detta cappella possiede, in comune ed indiviso con la cappella del Corpo di Cristo di detta terra, un pezzo di terreno sito nel territorio di Gesualdo, nella località chiamata Acquasalsa, confinante con i possedimenti del monsignor vescovo di Frigento e di Avellino nella parte superiore, con quelli di Domenico Antonio Stefaniello nella inferiore, nonché con altri poderi. Cesinelle: Inoltre detta cappella possiede, in comune ed indiviso con la predetta cappella del Corpo di Cristo, un pezzo di terra, con dentro piante di quercia , sito nel territorio di Paterno, in località detta Le Cesinelle, confinante con la proprietà di Domenico Antonio Stefaniello da una parte, con quella della chiesa di San Nicola di detta terra nella parte inferiore e con la proprietà di Alfonso de Cicco parimenti nella parte inferiore, nonché con altri poderi, terreno della misura di circa cinque tomoli. Cesinelle: Inoltre detta cappella possiede, in comune ed indiviso con la predetta cappella del Corpo di Cristo, un pezzo di terra della misura di circa quattro tomoli, sito nel suddetto territorio e nella stessa località, con piante di quercia ed un pero, confinante con i possedimenti di San Quirico nella parte superiore, con quelli di Sabrino di mastro Giacomo da un lato, con quelli della chiesa di Santa Maria delle Grazie di detta terra nella parte inferiore, nonché con altri poderi. Cesinelle: Inoltre detta cappella possiede, in comune ed indiviso con la predetta cappella del Corpo di Cristo, un pezzo di terra con piante di quercia, della superficie di circa quattro tomoli, sito nello stesso territorio e nella stessa località, confinante con possedimenti della chiesa di San Nicola nella parte superiore, con la proprietà del signor Battista Pacillo in quella inferiore, con quelle di Santa Maria a Canna da un lato e di Francesco Debrazzo dall’altro, nonché con altri poderi. Cesinelle: Inoltre detta cappella possiede, in comune ed indiviso con la predetta cappella del Corpo di Cristo, un altro pezzo di terra, della misura di due tomoli e mezzo circa, con piante di quercia e di noci, sito nello stesso territorio e nella stessa località, confinante con la proprietà di Francesco Debrazzo nella parte superiore, con quella del signor Battista Pacillo da un lato, con quella di Alfonso Cuoco dall’altro lato e, nella parte inferiore, con quella di Domenico Antonio Stefaniello, nonché con altri poderi. Frutti: Inoltre detta cappella possiede la metà di tutti i frutti e degli alberi che sono nei predetti terreni siti alle Cesinelle, avendola acquistata dal signor Lelio Cuoco, mentre la restante metà la cappella la possiede, in comune ed indivisa, con la suddetta cappella del Corpo di Cristo1. Mattine: Inoltre detta cappella possiede un pezzo di terra, della misura di circa cinque tomoli, sito nel territorio di detta terra, in località detta Mattine, confinante nella parte superiore con la via pubblica, con la proprietà del signor Camillo de Martino da un lato e, nella parte inferiore, con un appezzamento di terreno boschivo, nonché con altri poderi. Guado del Passaggio: Detta cappella possiede un pezzo di terra, in comune ed indiviso con la predetta cappella del Corpo di Cristo, della misura di circa tre tomoli, sito in detto territorio nella località chiamata Guado del Passaggio2 , confinante con la strada pubblica da un lato e lungo la parte inferiore, col vallone dall’altro lato, nonché con altri poderi. Farasini: Inoltre detta cappella possiede, in comune ed indiviso con la predetta cappella del Corpo di Cristo, un pezzo di terra contenente una pianta di noci, della misura di circa due tomoli, sito nel territorio di Gesualdo, in località detta i Farasini, confinante con i possedimenti di Santa Maria a Canna nella parte superiore, con quelli del signor Camillo de Martino da un lato, con quelli di Domenico Antonio Stefaniello dall’altro, nonché con altri poderi. Pesco Cupo: Inoltre detta cappella possiede due sacchi3 di terra siti in detto territorio di Paterno, nella località detta Pesco Cupo, i quali sono compresi fra i terreni di proprietà di Alfonso e di altri membri della famiglia de Cicco, esattamente nel luogo in cui era la loro vigna, e che confinano con i beni dei predetti de Cicco. Acqua dei Franci: Inoltre detta cappella possiede, in comune ed indiviso con la predetta cappella del Corpo di Cristo, un campo della misura di circa un quarto, con piante di olivo, sito nel detto territorio, in località detta Acqua dei Franci, confinante coi beni di Giulio Cuoco nella parte superiore, con la via vicinale da un lato e lungo la parte inferiore, con la strada pubblica dall’altro lato, nonché con altri poderi. Acqua dei franci: Inoltre detta cappella possiede una vigna congiunta ad un campo, della misura di circa un mezzetto, sita in detto territorio, in località chiamata Acqua dei Franci, confinante con la proprietà di Antonio de Giaia lungo la parte superiore, con quella di Carlo di mastro Angelo lungo l’inferiore, con quella di Claudia Cecer da un lato, nella quale (vigna) sono presenti piante di quercia per i cui frutti Antonio de Giaia paga carlini sei. Pescone: Inoltre detta cappella possiede un orticello, sito in detto territorio, in località chiamata Pescone, della misura di circa mezzo metro, confinante con la proprietà del signor Camillo Petroziello da una parte, con quella di Marciano Petroziello dall’altra, con quella di Nardangelo Vassallo nella parte inferiore e con quella del signor Camillo de Martino nella superiore, nonché con altri confini. Pescone: Inoltre detta cappella possiede un orticello dell’ampiezza di un metro circa, sito nello stesso territorio e nella stessa località, confinante con la proprietà di Giovanni de Brazzo da una parte, con la strada pubblica nella parte inferiore, con i beni di Nardangelo Vassallo dall’altro lato e con il Giardino della Corte nella parte superiore, nonché con altri confini Dietro Corte: Inoltre possiede detta cappella un altro orticello, in comune ed indiviso con la cappella del Corpo di Cristo, della misura di un quarto di tomolo circa, con piante di olivo, sito in detto territorio in località Dietro Corte, confinante con la proprietà di Sabato del Monaco lungo la parte superiore, con quella di Francesco de Salierno nella inferiore, con quella del signor Camillo de Mattia da un lato e con quella del monastero di San Francesco di detta terra dall’altro, nonché con altri poderi. Taverne: Inoltre detta cappella possiede una casa con grotta e ripostiglio, in comune ed indivisa con Mattia di mastro Giacomo, sita in località Taverne, confinante con la proprietà di Lorenzo Tono da un lato, con quella di Marcello Tono dall’altro e sul retro, con la strada pubblica sul davanti, nonché con altre proprietà. Forno: Inoltre detta cappella possiede, in comune ed indivisa con la cappella del Corpo di Cristi, una casa sita nel borgo di detta terra là dove si dice il Forno, confinante con la strada pubblica sul davanti, con la via vicinale da un lato, con la proprietà del signor Camillo de Mattia dall’altro lato e sul retro, casa che affaccia sulla via detta Rua di Angelo Grasso4. Porta di sopra: Inoltre detta cappella possiede, in comune ed indiviso con la cappella del Corpo di Cristo, uno sgabuzzino a piano terra sito nel borgo di detta terra dove si dice la Porta di sopra, confinante coi beni di donna Diana Coca1 da una parte, con quelli di Giacomo de Salierno sul retro, con quelli del signor Patrizio Debrazzo dall’altro lato, con la via pubblica sul davanti2, nonché con altre proprietà. San Vito: Inoltre detta cappella possiede una casa al piano superiore, nel sobborgo di San Vito, compresa fra le proprietà di Tommaso de Martino sul davanti, sul retro e da un lato, nonché fra altri confinanti. Rendite in danaro Pietro di mastro Giacomo paga a detta cappella, ogni anno e per sempre, carlini undici quale rendita di un campo sito ai Capuani, confinante con la proprietà di don Andrea Russo lungo la parte inferiore, con quella di don Michele Russo da un lato, nonché con altri poderi. Il signor Troiano de Rienzo rende ogni anno e per sempre, a detta cappella, carlini cinque per un pezzo di terra sito in località San Pietro, in cui è una pianta di gelso, della misura di un tomolo circa, confinante tutt’intorno con le proprietà del monastero di San Pietro. Donna Diana Coca rende a detta cappella, ogni anno e per sempre, un carlino per una vigna che possiede, sita in località Piano, confinante con la via vicinale nella parte superiore, con la via pubblica in quella inferiore, con la proprietà del signor Battista Pacillo da un lato, nonché con altri poderi. La erede di Cesare de Martino paga quale rendita, ogni anno e per sempre, alla detta cappella, un carlino per un orto che possiede in località Acqua dei Franci, confinante coi beni di Nicola Cuoco da una parte, con quelli degli eredi del signor Domenico Vassallo nella parte inferiore, con quelli di Angela Coca dall’altra parte, nonché con altre proprietà. Il notaio Tullio Zoina paga per censo a detta cappella carlini dodici e grana otto all’anno, a titolo di interessi sul prestito di sedici ducati, in ragione dell’otto per cento, col patto di retrovertendo.
Delle cappelle comprese nella Chiesa Maggiore, la meno dotata era quella sotto il titolo di Santa Maria di Monteserrato, soggetta nell’anno 1628 ad ius patronatus esercitato da Julius dei Dottori Donato.
Era venuto intanto a mancare il sacerdote Vespasiano de Stefanellis ed il beneficio della chiesa di Santa Maria a Canna era stato conferito al Dottor Janus Battista Ferrari della città di Benevento3.
1 Erasmo Ricca: Istoria de’ feudi delle Due Sicilie, Vol. II - Napoli 1865.
2 Archivio di Stato di Avellino - Protocolli notarili, Distretto di Sant’Angelo dei Lombardi: Notai di Paternopoli - Fasc. 1873.
3 Archivio di Stato di Avellino - Protocolli notarili, Distretto di Sant’Angelo dei Lombardi: Notai di Paternopoli - Fasc. 1883.
4 Archivio di Stato di Avellino - Protocolli notarili, Distretto di Sant’Angelo dei lombardi: Notai di Paternopoli - Fasc. 1877.
1 Erasmo Ricca: Istoria de’ feudi delle Due Sicilie, Vol. II - Napoli 1865.
2 Lorenzo Giustiniani: Dizionario geografico ragionato del Regno di Napoli, Tomo VII - Napoli 1804.
3 Michelangelo Cianciulli: Per la Congregazione del SS. Rosario di Paterno contro l’Università della medesima Terra - Napoli 1760.
4 Giorno in cui si svolgeva la solenne festa della Cappella del Rosario.
1 Archivio privato del dott. Nicola Famiglietti di Paternopoli - Scritture della Casa de’ Sig:ri Martini raccolte da me nell’anno 1766 D. S. Famiglietti, co’ notam:to de beni ricavato da fogli vecchi posti in fine di questo libro.
2 Sacerdote con ruolo di preminenza, per dignità più che per anzianità, tra i presbiteri, cioè i preti assegnati alla parrocchia.
3 Archivio di Stato di Avellino - Protocolli notarili, Distretto di Sant’Angelo dei Lombardi: Notai di Paternopoli - Fasc. 1873.
1 Archivio di Stato di Avellino - Protocolli notarili, Distretto di Sant’Angelo dei Lombardi: Notai di Paternopoli - Fasc. 1873.
2 Foto n. 2, Tav. IV, della pubblicazione Scuola Media Statale “F. de Jorio”: Paternopoli, linguaggio e testimonianze di un’antica cultura - Edizione a cura della Cassa Rurale ed Artigiana di Paternopoli - Anno 1991.
1 Michelangelo Cianciulli: Per la Congregazione del SS. Rosario di Paterno contro l’università della medesima Terra - Napoli 1760.
2 Giovanni Mongelli: Abbazia di Montevergine - Regesto delle pergamene, Vol. VI - Roma 1956.
3 Francesco Scandone: Documenti per la storia dei comuni dell’Irpinia, Vol. I - Avellino 1964.
4 Archivio privato del Prof. Giovanni Maccarone di Paternopoli - Libro di memoria da me Dr. D. Carlo Rossi ridotto in questa forma, essendo l’antico roso, in questo corrente anno 1801.
5 Michelangelo Cianciulli: Per la Congregazione del SS. Rosario di Paterno contro l’università della medesima Terra - Napoli 1760.
1 Giustiniani, nella citazione di Manfredi Palumbo: I comuni meridionali prima e dopo le leggi eversive della feudalità - Montecorvino Rovella 1910.
2 Erasmo Ricca: Istoria de’ feudi delle Due Sicilie, Vol. I - Napoli 1865.
3 Francesco Scandone: Documenti per la storia dei comuni dell’Irpinia, Vol. II - Avellino 1964.
1 La zona compresa fra l’interpoderale che da Serra scende a Canalicchio ed il vallone che delimita contrada Cesinelle.
2 Giovanni Mongelli: Abbazia di Montevergine - Regesto delle pergamene, Vol. VI - Roma 1956.
3 Biblioteca Provinciale di Avellino - Carlo Aristide Rossi: Provincia di Avellino - Monografia de’ 128 comuni della Provincia - Manoscritto ricopiato nell’anno 1946.
4 Archivio di Stato di Avellino - Protocolli notarili, Distretto di Sant’Angelo dei Lombardi: Notai di Paternopoli - Fasc. 1875.
5 Francesco Scandone: Documenti per la storia dei comuni dell’Irpinia, Vol. I - Avellino 1964.
6 Archivio di Stato di Avellino - Protocolli notarili, Distretto di Sant’Angelo dei Lombardi: Notai di Paternopoli - Fasc. 1875.
7 Archivio di Stato di Avellino - Ibidem.
1 Archivio di Stato di Avellino - Protocolli notarili, Distretto di Sant’Angelo dei Lombardi: Notai di Paternopoli - Fasc. 1875.
2 Corrispondente a 3.333 mq.
3 La zona boschiva a ridosso del fiume Calore, delimitata a Nord dalla strada provinciale. Traeva la propria denominazione dall’antico ponte romano. Gli scoscendimenti prospicienti, in territorio di San Mango, conservano a tutt’oggi il nome di Coste del Ponte.
4 Pari a mezzo tomolo.
5 Riserva del diritto di prelazione da parte del cedente.
1 Riferiti a tomolo.
2 Località oggi nota come Vallate del Tuoro, e specificatamente la zona valliva compresa fra Tuoro e Sferracavallo dove sorgeva un piccolo casale con la chiesa intitolata a Santa Maria delle Grazie.
3 Nella tradizione orale, come Macchioni è ricordata la zona compresa fra San Felice e l’Acquara Nuova.
1 Nella consapevolezza che questo punto del documento può ingenerare perplessità, si reputa opportuno fornirne un chiarimento. Tutti i beni di proprietà delle chiese erano concessi in fitto, di conseguenza nessuna di esse poteva disporre, se non nella misura pattuita, dei frutti della terra. I terreni menzionati, ubicati in località Cesinelle, erano detenuti da Lelio Cuoco a cui era riservata la metà dei prodotti, mentre la restante parte andava equamente divisa fra la cappella di Maria SS. della Consolazione e quella del Corpo di Cristo. Nel paragrafo che richiama la presente nota si evidenzia come la metà dei prodotti di spettanza di Lelio Cuoco fosse stata acquistata dagli amministratori della cappella di Maria SS. della Consolazione.
2 Zona compresa fra le contrade Cesinelle e Scorzagalline, a valle di quella detta Li Rocchi, in prossimità del fiume Fredane.
3 Un sacco corrisponde a tre tomoli, cioè a 10.000 mq.
4 La Rua di Angelo Grasso, probabilmente un vicolo cieco, era ubicata alle spalle della Chiesa Madre, con accesso dal tratto di strada ora senza sbocco che apre su via San Francesco, un tempo via della Dogana. La casa in questione ne era all’imbocco, confinando sul davanti con la suddetta strada pubblica e, lungo un lato, con la via vicinale che altra non era se non la Rua di Angelo Grasso.
1 Versione femminile del casato “Cuoco”.
2 Nel documento la via è indicata “da sotta”, quindi discendente dal borgo, per cui si ritiene che il riferimento sia a via Salita della Porta.
3 Archivio di Stato di Avellino - Protocolli notarili, Distretto di sant’Angelo dei Lombardi: Notai di Paternopoli - Fasc. 1875.