Era anche esso retaggio di metodi primitivi di caccia, adattato a gioco di pessimo gusto, seppure fonte di sollazzo per gli autori dello scherzo nonché per i loro amici a cui venivano riportati gli esiti con dovizia di particolari.
Nella buona stagione, quando il livello delle acque dei fiumi calava, ci si dedicava alla pesca, intesa come attività ludica ma che, in effetti, perpetrava comportamenti atavici, applicando le tecniche utilizzate agli albori dell’umanità.
L’ancestrale tecnica di impiego del nodo scorsoio applicato all’estremità di una lunga pertica per la cattura, previa paziente attesa, di conigli selvatici, volpi o tassi, all’uscita dalle rispettive tane, fu ereditato dai ragazzi e ridotto a mero gioco, anche se crudele, in danno delle lucertole. Lo si otteneva annodando la punta sottile ed elastica di un lungo stelo erbaceo (alitro), con un’apertura sufficiente ad introdurvi la testa del piccolo rettile che, mediante un leggero strattone, ne restava imprigionato.
Nelle attività venatorie, proficua risultava pure la caccia ai pipistrelli che, nelle sere d’estate, roteavano bassi sulle vie del paese per nutrirsi delle falene attratte dalla luce dei pochi lampioni. Questo passatempo implicava l’uso di una lunga canna, opportunamente manovrata al fine di intercettare i volatili che, se colpiti, precipitavano al suolo, incapaci di riprendere il volo. Tale esercizio aveva finalità puramente ludiche, in quanto questi piccoli mammiferi non erano considerati commestibili.
Era questa una trappola per uccelli, posta in essere nella stagione invernale quando la campagna era ricoperta di neve. La si ordiva in prossimità dei letamai, dove la fermentazione dello stallatico, producendo calore, favoriva lo scioglimento delle nevi, o sotto piante di ulivo dove ampie chiazze di terreno restavano allo scoperto. Consisteva in una spianatoia da cucina, sistemato al suolo in posizione obliqua e sorretto da una bacchetta alla cui estremità inferiore era legato uno spago che veniva dipanato fino ad un punto di osservazione, posto a debita distanza. Sul terreno sottostante la spianatoia, non ricoperto dal manto nevoso, si lasciava cadere qualche briciola di pane, o qualche chicco di grano, che serviva da esca. Passeri e pettirossi non esitavano ad ammassarvisi. A questo punto era sufficiente praticare un lieve strattone allo spago perché la spianatoia si abbattesse al suolo, schiacciando, sotto di esso, i volatili che, recuperati e ripuliti del piumaggio e delle interiora, venivano inseriti in patate opportunamente svuotate e quindi deposte per la cottura sotto la brace del focolare.