La superstizione, l'ignoranza, l'ancestrale soggezione di cui le genti erano permeate hanno ammantato di mistero la figura della guaritrice. Fiorivano intorno ad essa mille leggende che alimentavano un timore reverenziale e, sebbene essa svolgesse un ruolo fondamentale nella società, in quanto depositaria di antiche formule magiche e delle segrete virtù delle erbe, fu, nei secoli, temuta ed emarginata.
Sporca, trasandata, viveva in solitudine, ai margini del borgo, in una misera bicocca isolata dalla cui angusta finestra, anche nelle notti d'estate, fuoriusciva fumo misto ai vapori delle erbe messe a bollire.
Si circondava di gatti in quanto le tenevano sgombra la casa dai topi e non avvertiva la comune necessità di allevare un cane che facesse da guardia, nella consapevolezza che nessuno avrebbe mai osato violare la sua dimora.
Di solito la si vedeva vagare per anfratti e per forre, scrutare fra i cespugli e cogliere qua e là le erbe che si affrettava a celare nel sacco da cui non si separava mai.
Da lei ci si recava spinti dalla disperazione, solo quando qualsiasi altro rimedio tentato era risultato vano, dopo il calar delle tenebre, sopraffatti da un senso di colpa e di angoscia misto a speranza e trepidazione.
L'uscio non era mai chiuso. La stanza angusta, rischiarata appena da un lume ad olio, pregna dell'odore di fumo, appariva miseramente arredata: un pagliericcio di spoglie, un tavolo, qualche scranna, una credenza incrostata ed una grossa pentola nera sul fuoco. Dovunque vieti simulacri della Vergine e di Santi.
Lei, taciturna e lenta, confezionava impacchi e somministrava decotti e pozioni, mai disgiunti da rituali magici, da formule arcane appena sussurrate. Non chiedeva nulla in cambio, e se qualcuno le portava in dono del cibo non rifiutava, ma neppure manifestava gratitudine o semplicemente interesse.
Con l'affermarsi della medicina ufficiale progressivamente venne a cadere in disuso il ricorso alle erbe, non così quello alle pratiche magiche che, sebbene in trascurabile misura, si è protratto, a complemento e non di rado in alternativa alle prescrizioni mediche, sino ai nostri giorni.
La stessa figura della guaritrice è venuta col tempo frammentandosi sì che le singole formule, separatamente tramandate, non costituiscono oggi un patrimonio unitario. Depositarie ne sono anonime vecchine, vincolate al segreto da antichi patti, da un implicito giuramento che non può essere tradito se non a prezzo di punizioni ultraterrene.
Contrariamente alle credenze popolari, mai nulla vi fu di demoniaco nella magia terapeutica. Ciascun rito è un atto di fede, una manifestazione di religiosità profonda in quanto la guaritrice si fa strumento della pietà divina per lenire il dolore. La ricorrente triplicità nella ripetizione delle formule, nell'imposizione del segno della Croce, talvolta esasperata sino alla sua stessa triplicazione, altro non è se non un tributo alla divina Trinità.