Il suo concerto è un arazzo iridescente e complesso, una tessitura di fili melodici ed emotivi che sanno parlare del presente e della memoria con grande naturalezza.
Il viaggio nel tempo e nei suoni di Peppe unisce tammurriate e opere buffe, favole tratte da Basile e filastrocche popolari, barcarole procidane e storie di viandanti e re.
È un percorso che traccia le vie fondamentali della tradizione etnico musicale del sud Italia e in particolare di quella partenopea.
La forza della parola, gli accenti sospesi del suo dialetto diventano la viva e palpitante materia sonora con cui modellare i colori e le forme delle proprie esperienze, passando dalla tragedia all'ironia in un istante con un gesto, un'occhiata, un cambiar tono di voce.
Portavoce di un linguaggio universale in cui istinto e ragione sfuggono alla fragilità di un complicato equilibrio. Pezzi arcinoti, attraverso la sua rivisitazione, acquistano una nuova verginità, una lettura inedita e sorprendente.
Ritualità e occhi aperti sul futuro, devozione per le tradizioni popolari sono al centro del suo spettacolo nel cui finale esplode una febbre quasi primitiva e dionisiaca: la voce e le nacchere di Peppe fanno irrompere l'immagine prepotente ed orgiastica di una napoletanità sofferta.
Quando lo spettacolo termina, sembra che continui dentro di noi.