Irpinia, vigneti da record. Per Paternopoli c'è il Polifemo

[tratto da LA GUIDA DE L'ESPRESSO]

 

IL TRIONFO delle signore del vino. Il primato del Taurasi in Campania e il suo prestigio nel mondo. Lo charme del Fiano e la robusta eleganza del Greco, sempre più richiesti sui mercati esteri. Le conquiste del Falerno del Massico sull’onda lunga di fatica e cultura, nel segno degli scrittori latini. La riscoperta di altri antichi vitigni abbandonati, casertani anche questi, Pallagrello e Casavecchia. Il rilancio del Lacryma Christi vesuviano, dopo anni di indecenti business e scadente produzione.

VINI DI ECCELLENZA

È questa l’immagine felice dell’enologia regionale, confermata dalla guida “I vini d’Italia 2011” de “L’espresso”, diretta da Enzo Vizzari, curata da Ernesto Gentili e Fabio Rizzari, presentata ieri e da oggi in edicola e libreria (22 euro, 786 pagine). L’Irpinia si conferma punta di diamante dell’enologia nel Mediterraneo con i tre distretti confinanti: Taurasi, Greco e Fiano. L’Università del vino a numero chiuso, fortemente voluta dalla Provincia di Avellino con i docenti Luigi Moio e Gigi Frusciante, legata ad Agraria di Portici, offre già i primi laureati. Il mondo, che nei prossimi dieci anni aspetta almeno 12mila specialisti, riconosce ormai l’Irpinia come il faro dell’enologia nel Mediterraneo. La guida rileva i successi costanti di marchi affermati, come “Mastroberardino”, “Montevetrano” e “Molettieri” premiati con due stelle, ma segnala tra le righe cantine e professionisti emergenti: Vincenzo Mercurio che ha portato in vetta “I Favati” di Cesinali, “Masseria Felicia”, “La Rivolta”, “San Paolo”, è stato accanto a Denis Dubourdieu di Bordeaux. Sono più volte citati Carmine Valentino (superbo il Taurasi di Pasqualino di Prisco) Antonio Di Gruttola. Molto deve il Falerno del Massico a Nicola Trabucco, agronomo ed enologo dell’Alto casertano: ha creato un movimento culturale e di marketing con esportazione negli Usa.

I MIGLIORI ACQUISTI

Si moltiplicano gli allievi di Luigi Moio, il professore dei bianchi con esperienza negli chateaux francesi. Sabino Basso per “Villa Raiano” e i Martusciello per “Grotta del Sole” chiedono aiuto fuori: a Sebastiano Fortunato, ad Attilio Pagli e Federico Curtaz, per “Feudi di San Gregorio” uno specialista dei bianchi nel Nord-est, contatti di Antonio Capaldo con Hans Terrer, per i vigneti Attilio Scienza. Il boom dell’enologia non poteva essere un caso, ma deve ora resistere ai venti di crisi. C’è un profondo malessere come rivela con coraggio una grande firma della chirurgia, Gianfranco Testa, che, spinto dall’amore delle sue terre a produrre vino (coda di volpe) e il finissimo ma quasi introvabile olio “Mulino della signora” si domanda: «I piccoli coltivatori dell’Irpinia soffrono. Devono conferire a basso costo. I produttori impongono i prezzi. C’è sfiducia, che sarà delle nostre vigne?».

Crisi e tensioni in questi giorni, certo. Si è acuito il conflitto tra contadini e cantine. Molto viticoltori da anni vinificano, contestando il potere dei produttori. Nasce così la storia di Salvatore Molettieri di Montemarano che in un lampo d’ira trasforma la stalla in cantina, dopo aver ravvivato con un aratro i vigneti.

Da anni non registra meno di 18/20 per il suo Taurasi Riserva Vigna Cinque Querce. Accanto a “Radici” di Antonio e Piero Mastroberardino, un secolo di splendore, la stella polare dell’enologia meridionale. Il vino rende giustizia anche ai sacrifici di piccole aziende rette da grandi maestri: “Di Prisco” con 18,5 al suo Greco 2009 è il primo bianco campano secondo la guida. Il timido maestro di Fontanarosa, Pasqualino Di Prisco, era già ai vertici di qualità con il Taurasi. Da anni lotta contro i meccanismi della distribuzione: agenti e ristoratori hanno poco tempo o scarsa competenza per fermarsi a valutare gli emergenti. Lotta da anni come Michele Perillo, di Castelfranci. altro Taurasi-record. Luigi Tecce della vicina Paternopoli ha lo stesso voto (18,5) con il suo Poliphemo. È l’apoteosi della fatica contadina e dell’ingegno. Con Vincenzo Mercurio prova in segreto un ritorno al passato: il vino in anfora di terracotta. Ma è un progetto ancora segreto. Noto invece l’amore di Antonio Caggiano per le vecchie vigne. È il pioniere del Taurasi.

Protagoniste le donne. Rosanna Petrozziello guida “I Favati”, voto 18/20 con il Greco Etichetta Bianca alla pari di Ciro Picariello di Summonte, il Fiano è il suo capolavoro. Svettano le altre signore del vino: Silvia Imparato con il sontuoso “Montevetrano” (cabernet, merlot, aglianico), Manuela Piancastelli con “Terre del principe” che ha rivalutato con Peppe Mancini Casavecchia e Pallagrello, Elena Martusciello con Grotta del sole che ha ridato vita a Gragnano e Asprinio, Tiziana Marino, Mila Vuolo, Patrizia Malanga e la new entry Maura Sarno. Maria Ida Avallone con Villa Matilde ha fatto da apripista con Michele Moio nell’Alto casertano.

Ischia con dignità, Casa D’Ambra e Pietratorcia. Ma promette molto. Tentenna il Sannio. Si distingue il profeta del bio, Nicola Venditti, volano alto “La Rivolta” di Paolo Cotroneo che annuncia un superbo “Mongolfiere a San Bruno”, rosato, e “Nifo Sarrapochiello”. Si riscatta Napoli anche con “Villa Dora” che ridà smalto al Lacryma Christi, che sorpresa il bianco “Vigna del Vulcano 2007”. Salerno era legata ai meriti di Silvia Imparato. Ettore Sammarco porta alle stelle bianchi e rossi di Costa d’Amalfi. con Marisa Cuomo. C’è molto, ora. Il contadino dotto Bruno De Conciliis autore di Zero, Donnaluna e Selim abbina jazz e grandi vini. Luigi Maffini splende con Kratos e Kleos. Avanzano Rotolo e Marino. Il Cilento è tutto da scoprire. Vigneti inespressi come nell’Alto casertano. Sud e nord della regione, frontiere che prenotano le pagine migliori di questo decennio.

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