di Giovanni Fiorentino
da Cronache Irpine del 29 ottobre 2005
La manovra contenuta nella legge Finanziaria presentata dal Governo incide in maniera particolarmente forte sulla quantità di risorse a disposizione dei Comuni. Così stando le cose, infatti, la “manutenzione” del bilancio statale e la necessità di favorire il riequilibrio dei conti concordato con l’Europa, produrranno un ridimensionamento dei servizi erogati dalle amministrazioni comunali con un considerevole abbassamento degli interventi per le politiche di sviluppo economico, sociale, culturale.
Se, da una parte, le norme indicano come “indispensabili” una serie di servizi, dall’altra la manovra attuale non esita ad incidere negativamente sulla possibilità concreta di erogarli alle comunità locali. Scuole materne, servizi legati all’istruzione primaria e secondaria (trasporti alunni, contributi per il diritto allo studio), pulizia delle città, illuminazione pubblica, manutenzione stradale, sicurezza, pronto intervento, protezione civile, cultura, beni culturali, turismo, sport, territorio e ambiente: sono tra le voci sulle quali si produrranno i maggiori effetti negativi della manovra.
La ricerca di una coerenza dei conti pubblici italiani (soprattutto a livello comunitario) passa attraverso un intervento sui Comuni che tocca da vicino i cittadini e che non sarà certo mitigato dall’alternativa di tagliare di più alle Regioni: trattasi, in entrambi i casi, dei livelli di amministrazione più vicini ai destinatari finali delle politiche.
Gli obblighi assunti in Europa si traducono in politiche, più o meno condivisibili, più o meno sostenibili e tempestive, che incidono su cittadini e famiglie: è ancora lontana, invece, la percezione degli effetti positivi derivanti dalla spesa dei fondi europei e delle loro ricadute concrete sul territorio. Il processo di partecipazione comunitaria rischia ancora oggi di essere subìto più che vissuto come una vera grande opportunità.
Al tempo stesso, il rilancio dell’economia richiede che i livelli di amministrazione, centrali e periferici, trovino forme di collaborazione e di sintonia su obiettivi prioritari che garantiscano un orientamento unitario al sistema dei poteri. Gli oneri del riequilibrio finanziario, che interessano le diverse amministrazioni, dovrebbero sollecitare l’individuazione di obiettivi comuni capaci di attivare le risorse dei territori e garantire una prospettiva di partecipazione remunerativa ai processi economici.
In verità, e al di là del riferimento specifico alla Finanziaria, con la poca disponibilità di risorse materiali “mettere insieme e far fruttare quanto è presente sul territorio non è solo una strada obbligata, è anche il percorso virtuoso per affermare la cittadinanza democratica e avviare sani processi di crescita economica e di sviluppo complessivo” (Sergio Zoppi - Europa, 30 settembre 2005).
Per creare il necessario sistema che anticipa la rinascita, soprattutto in periodi in cui si prospettano tagli ed economie alle disponibilità economiche (senza contare quanto accadrà all’esaurimento dell’ultimo ciclo dei fondi comunitari), non è più sufficiente il paternalismo amministrativo di un tempo, ma un agire locale che sappia tenere insieme e realizzare masse critiche di intelligenze e di risorse materiali. Una politica capace di educare (e-ducere), di trarre dalle persone e dai territori il meglio per competere con altre aggregazioni di luoghi e persone potrebbe anche coniugare –come spesso non accade- il normale interesse per il consenso con quello delle necessarie irrinunciabili attitudini amministrative.
Se mutano, come sono mutati, le leve e i piani da utilizzare per rispondere ai problemi ed ai bisogni della gente, non può negarsi che rispetto a ieri vi sono rinnovate responsabilità per l’amministrazione e per la politica, come conseguenza della complessità degli interventi necessari per organizzare risposte ai problemi. Penso a questioni complesse quali i rifiuti, la sicurezza del territorio, il disagio sociale, le politiche sociali, ma anche la gestione associata delle funzioni, dei servizi, lo “sviluppo locale”… In generale, quindi, una lettura della condizione presente più attenta alle responsabilità, potrebbe oggi essere colta come opportunità per le comunità locali di guardarsi dentro e allo specchio per partire dai problemi e non dalle (vecchie) risposte. Ciò significa investire su programmi di lungo respiro capaci di mobilitare il sentire collettivo e di animare le risorse umane e materiali trascurate dalla tensione a cercare altrove o in altri il senso del proprio destino.
Nei nostri luoghi incerti, dove la ricostruzione ha portato via le preziose piazze risparmiate dal fuoco delle terra, potrebbe rinascere lo spazio nel quale il territorio privato e il livello pubblico, l’Oikos e l’Ekklesia, sapranno trovare forme di incontro e di costruzione di rinnovati legami di fiducia.