La storia e le tradizioni muoiono nell’indifferenza

Che gli Italiani non amino la propria storia, la propria cultura e le proprie tradizioni è un dato di fatto.

Troppo spesso cerchiamo di imitare gli altri non accorgendoci che gli altri venderebbe l’anima per essere come noi, tant’è che il nostro Paese resta una tappa quasi obbligata per chiunque decida di visitare una nazione straniera.

Eppure, l’Italia è assolutamente incapace di valorizzare la sua storia e sfruttarla appieno. La tristezza mi pervade ogni qual volta vedo gli scempi quotidiani che interessano le nostre città ed i nostri territori, per non parlare di come oggi una specializzazione relativa al nostro patrimonio storico-culturale venga ritenuta inutile e quasi “dannosa” per il futuro lavorativo delle nuove generazioni.

Vivendo in piccolo paese dell’Irpinia, Paternopoli, che fondamentalmente non ha quasi nulla da offrire in questo ambito, mi sono sempre sforzato di ricercare quelle che sono le origini della mia terra e valorizzare le tradizioni contadine che la caratterizzano.

Ma, mi rendo conto, che ormai sembra diventata una lotto contro i mulini a vento, un po’ come il povero Don Chisciotte della Mancia. Infatti il 5 Marzo la casa Municipale annuncia sul proprio sito:

Sono stati aggiudicati i lavori per la creazione di un centro sociale comunale. I Lavori consistono nella ristrutturazione dei locali del Museo , presso il Municipio. L'importo dei lavori è di circa centomila euro.

I meno attenti diranno: “beh, almeno si muove un po’ l’economia del paese e si pensa a creare un luogo di aggregazione per i giovani.”

Baggianate! Assolutamente baggianate!

Come si fa minimamente a pensare che un Museo Comunale, piccolo quanto sia e anche se da anni in uno stato pietoso, dovuto, secondo gli amministratori, a mancanza di fondi per ristrutturarlo, possa essere trasformato in un Centro Sociale.

Un’assoluta follia di chi amministra un paese senza avere idea di cosa significhi amministrare, di chi non vede al di là del proprio naso e non ha neanche consapevolezza della propria storia.

Una vergogna assoluta! Piuttosto che fare un progetto serio, attingendo a fondi di ogni tipo ed interventi privati, per riqualificare i locali dell’ex Torre e realizzare un luogo che ricordi la storia locale, si stanziano centomila euro per realizzare cosa? Un centro sociale!

E qui scatta d’obbligo un’altra domanda: gli attuali amministratori si sono mai interessati di quelli che sono i problemi dei giovani nel nostro comune? Assolutamente no! Possibile che in un paese dove l’attività preferita dei ragazzi, tranne poche ed encomiabili eccezioni, è quella di bere e disimpegnarsi il più possibile, l’unico modo che l’amministrazione ha di affrontare la questione è realizzare un Centro Sociale che, anche nella sciagurata ipotesi venga realizzato, sarà in grado di ospitare una trentina di persone?

E’ davvero triste che nessuno, dal singolo cittadino ai cosiddetti partiti politici, si sia minimamente interessato della cosa, lasciando correre e dimostrando una totale incapacità di capire quello che si sta attuando, condizionati anche da meri interessi personali.

Una comunità viva avrebbe reagito immediatamente a tale scempio, ma forse la Paternopoli in cui idealmente penso di vivere è morta da tempo, soggiogata dall’egoismo e dalla divisione sociale figlia dei tragici avvenimenti del 23 novembre 1980.

Il fatto è che sono testardo, al di là di ogni immaginazione, e non posso credere che veramente Paternopoli sia diventata così. Non posso credere che tutti vorrebbero fare il sindaco, quando quello da amministrare non è più una comunità ma un semplice agglomerato di abitazioni, tra l’altro, sempre più vuote e tristi.

Poco meno di un anno fa nel minuscolo ecosistema irpino tenne banco una dura discussione su quella che era l’origine dell’Opera di Sant’Antonio. Oggi a nessuno interessa che un luogo, nel bene o nel male, simbolo della storia locale stia per essere trasformato in qualcosa di assolutamente improprio.

Una comunità senza storia è una comunità senza futuro, ma forse è già troppo tardi.

 

 

Ing. Felice Pescatore

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