[tratto da orticalab.it]
Mario Ercolino, numero uno della “Nativ” di Paternopoli, è sua l’impresa che, decidendo di non acquistare un forte quantitativo di uve di Aglianico dai produttori locali, avrebbe messo in crisi tanti contadini. Anche se nessuno l’ha accusata apertamente, quella commessa saltata ha fatto male. Può spiegarci che succede?
«Veda, la mia azienda è nata 10 anni fa e, ogni anno, è cresciuta. Così abbiamo acquistato 6.000 quintali di aglianico 3 anni fa, 8.000 2 anni fa e, l’anno scorso, anche grazie a un finanziamento ottenuto, ben 14.000 quintali. Il punto è che l’anno scorso lo scenario era florido, non c’era la crisi che stiamo vivendo oggi. Purtroppo, tra guerra e problemi di mercato, c’è una forte flessione, se non un vero e proprio stallo. Così abbiamo fatto una riunione, un mese fa, in cui abbiamo spiegato che il problema era, per noi, difficile da risolvere. Inoltre, non avendo completato gli investimenti per le nuove cantine, non c’è spazio fisico per fare la vendemmia come in passato. Né possiamo raddoppiare ogni anno gli ordini. L’abbiamo detto ai contadini, ai quali siamo vicini, ben sapendo che il problema è forte e che c’è una questione anche sociale».
Insomma, il vino irpino si vende di meno?
«È già successo. Stiamo scontando 7 mesi di quasi fermo del mercato, soprattutto per i rossi, e questo ci preoccupa molto. Piano piano è diventato quasi un blocco. L’abbiamo detto subito anche alle istituzioni locali. Anche se oggi sembra che solo la nostra azienda non voglia acquistare».
Continui.
«All’estero, nei primi sei mesi dell’anno, abbiamo registrato un problema concreto, che non tocca molto il Greco e la Falanghina, ma molto i rossi e anche il Fiano. Chi ieri comprava 100, oggi compra 10. E questo problema lo stanno riscontrando anche aziende storiche e blasonate, importantissime in Irpinia. Io ho cercato di investire sull’Aglianico, che è il core business della mia azienda, e mi trovo in una situazione di grande difficoltà. Se lei pensa che il Taurasi è il vino che ho sempre venduto meno, capisce cosa dico. La Germania, motore dell’Europa, sta comprando molto di meno, perché anche loro subiscono i contraccolpi di questa crisi, ed anche il Belgio e il Nord Europa in generale».
Una vera crisi, insomma. Quindi?
«Il momento va affrontato e va risolto, ma oggi io faccio il capro espiatorio in una situazione che non volevo assolutamente si generasse. Se tutte le aziende facessero un piccolo sacrificio, prendendo un 10 per cento in più di ciò che hanno programmato, supereremo l’anno. Ma la questione si ripeterà l’anno prossimo. Probabilmente, una riflessione va fatta sul Docg e sul disciplinare».