Pasqua a Paternopoli

Paternopoli/”calde” giornate tra odio, speranza e riconciliazione
PASQUA A PATERNOPOLI
di Mario Sandoli

Raccontano: all’improvviso scese il buio. E successe di tutto. Cielo e terra si toccarono. Il Figlio di Dio fattosi Uomo, Crocefisso, lanciava un ultimo disperato appello al Padre che sembrava averlo abbandonato. Si rivela ancora: morì sulla Croce e quanto riportato dalle Sacre scritture, si compì. Poi, all’incredulità per una morte non prevista, seguì lo stupore della Resurrezione. La provocazione della Croce, l’umiliazione che ne seguì, può gettare tutti nello sconforto tanto da far dire a chi in modo approssimativo si avvicina al mistero della Croce che si può, in qualche modo, esserne vittima. Tuttavia è anche vero che chi ne intuisce, invece, la speranza quella Croce può consolidare il suo cammino spedito nella vita. Vedete, la Croce va presa come un dono. E non è una provocazione. La Croce non può essere immaginata come una punizione od un evento non gradito. La Croce è la strada maestra per vivere la vita secondo i precetti di giustizia. Perché, poi, a ben portarla è seguita dalla Resurrezione. Che spettacolo. E quanto mistero. Gli occhi umani che hanno visto cadere l’Uomo per eccellenza, lo hanno visto sbeffeggiato, deriso, si devono piegare al Mistero della sua Resurrezione. E’ tutta qui la chiave di lettura della nostra Storia. Delle nostre personali drammatiche Storie. Ma entrambe, “racconto-rivelazione” e “storie”, con un finale avvincente: da una parte la vita risorge e vince la morte. Dall’altra il bene che trionfa e sconfigge il male. E’ la Pasqua di Resurrezione. La Pasqua che dà un messaggio di vita e di speranza per tutti, perché la Pasqua non è un piegarsi pietoso sul sepolcro e sulla morte, ma ricevere un nuovo slancio, spezzare il pane con Lui per poterlo spezzare poi con ogni uomo, ovunque c’è bisogno. Però com’è la Pasqua qui a Paternopoli? Anche qui, da noi a Paternopoli, come duemila e passa anni fa, i segni della Pasqua sono piccoli. Ancora troppi litigi, ancora incalzanti incomprensioni. Duellanti ed aspiranti duellanti che si ostinano a non sotterrare l’ascia dell’odio, del facile dileggio. E c’è sempre chi irresponsabilmente inizia per primo. Primo a seminare inimicizia, astio, odio; primo a distribuire puntuale disinformazione; primo a sentenziare su avvenimenti che hanno bisogno di tempo e di dinamiche ben definite. Esercizio inutile. Prevarrà, alla fine, la forza della ragione e del diritto che gratificherà sempre quanti pensano di aver subito un torto e tranquillizzerà puntualmente quanti non hanno mai pensato a vendette, ma cercato solo percorsi di verità e di giustizia coerenti con quanto norme e disposizioni di legge impongono. E tanto ed altro, sì che sono fori ben visibili di chiodi sulla carne. Eppure c’è di nuovo una vita che prova a rinascere intorno al sepolcro vuoto. Io, caparbio sognatore, cerco di trovare i segni, qui a Paternopoli, della speranza. Io voglio essere testimone di piccoli segni di speranza. La politica ci ha troppo diviso. Sta incancrenendo i nostri cuori, il nostro pensiero. Non riusciamo ad essere lucidi neppure di fronte all’evidenza. E nonostante questo noi dobbiamo inseguire testardamente la speranza. L’azione politica, sia intesa come confronto e nient’altro. Continuiamo ancora a dividerci su tutto, a condizione però che prevalga la fiducia. Il dibattito politico sia seme che dia coraggio a tutti. Si può pensare allora ad un gesto che tranquillizzi il nostro cammino? E quale può essere il gesto per eccellenza? Semplice: considerarci avversari, leali sempre, ma mai, mai nemici. Non abbandonarci più al “linguaggio/fisarmonica/solo fiato” senza dare “contenuto musicale e tonalità al fiato”, perché se è così il linguaggio è abbandonato a se stesso e tante sono le ferite che si lasciano sul campo. E quindi è possibile che lo scoramento chiude alla speranza perché può immaginarsi che la speranza non chiude da sola le ferite. E allora quali Vie dolorose restano nella Paternopoli di oggi? Le ferite, ci sono. Restano aperte e per sanarle ci vorrà del tempo. Le Vie dolorose sono ancora tante. Penso alle incomprensioni, alle divisioni, al lavoro che non c’è, al disagio giovanile, alle tante invocazioni inascoltate di aiuto, alla incapacità di chiunque a fare un passo indietro: credo che queste siano le Vie Dolorose qui a Paternopoli. E allora, maggioranza ed opposizione, Comunità intera, immaginiamoci tutti come “infermi” ma ostinati a salire i gradini stretti e ripidi del Calvario. Una immagine, questa, che descrive molto bene i volti della sofferenza di tutti noi qui a Paternopoli. Da un lato c’è la vicenda umana che ci costringe ogni giorno a sperimentare il “limite”. Dall’altro c’è la nostra forza interiore che riesce a superare ogni ostacolo, ad andare oltre. Salendo quelle scale allora noi, tutti indistintamente, testimonieremo che la vera forza non viene da noi stessi, ma dalla convinzione che è indifferibile bere il calice delle sofferenze, fare nostro il disagio che è preda delle giovani generazioni, lottare tutti, indistintamente tutti, per una Paternopoli viva, che dialoga, onesta e sicura nella via del suo inevitabile rinnovamento. Buona Pasqua a tutti.

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