Poliphemo, rosso potente di un contadino dotto

[articolo tratto da "La Repubblica - Napoli" del 22 Febbraio 2006]

 

Tutta la vita in una parola. Solitudine.

Che è la storia dei contadini dotti. Luigi Tecce ha interessi mirati, sogni, po' di disordine nei pensieri. Nasce tra i campi, ma si dà alla politica. Sulla scia di un deputato. Studia economia e commercio, agli esami preferisce i comizi, divora libri ma non sono quelli per la laurea, storia e letteratura moderna. Ha 35 anni, adesso. E' un contadino di ritorno: un po' per necessità, la morte del padre, un po' per orgoglio.

Era stanco di fare la comparsa nel mondo dei vini: conferitore. Portare le uve di pregio alle cantine più importanti. Dal 2003 ne ha una sua.  Fa tutto da sé: la cura della vigna, in quasi quattro ettari distribuiti nella zona del Taurasi, tra Paternopoli e Castelfranci.

Con vigne che hanno duecento anni, "a raggiera", e quelle nuove, a "cordone speronato". Un fiume lo divide dai vigneti di Salvatore Molettieri a Montemarano: un mito del Taurasi alla sinistra del Calore, lui a destra. Uve di straordinaria qualità.

Basta bere il "Poliphemo", aglianico rosso del 2003, di rara potenza con 15gradi ma di pari levità, morbido, dondola nel gusto di frutta rossa, di marasca, speziato. Rimane meno tempo nelle botti di rovere, è appena più segoso e leggero il "Satyricon".

Luigi Tecce ha trovato un megafono: Giovanni Mariconda, l'ostre raffinato che da "Taverna Vulgi" lancia gli emergenti. "Poliphemo" si beve anche da "Oasis" a Vallesaccarda, al "Museo La Ripa" di Rocca San Felice, al "Glanum" di Mirabella, alla "Pergola" di Gesualdo, i campanili della cucina irpina. Lo lancia ora anche Enzo Ricciardi: "La Botte" di Casagiove è il traguardo dei grandi vini.

Poche bottiglie, peccato, ma vale la pena cercarne almeno una.

 

Azienda Tecce, Paternopoli (Avellino), 0827 71375

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