Terra Arte su LaStampa.it

Terra Arte è un'esperienza che si segnala per lo sforzo di proporre e realizzare un modo alternativo di fruire l'arte e le sue diverse manifestazioni
RICCARDO DALISI

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Come ormai da tempo, anche quest'anno ho ricevuto e accolto l'invito di Luca Pugliese, artista nonché mio ex allievo alla facoltà di Architettura di Napoli, a esporre le mie opere nell'ambito della rassegna Terra Arte da lui ideata e diretta, la cui undicesima edizione, grazie al forte sostegno e alla sensibilità del sindaco Felice De Rienzo, si terrà nel comune irpino di Paternopoli il 6 e il 7 agosto prossimi.
Terra Arte è un'esperienza che si segnala per lo sforzo di proporre e realizzare un modo alternativo di fruire l'arte e le sue diverse manifestazioni, in un regime di totale convivialità festosa e di partecipazione popolare che di fatto sembrano plasmare lo spazio, sia pur urbano, come uno scenario naturale, privo di chiusure e a completo servizio della ritualità collettiva. L'invito a Terra Arte mi dà pertanto modo di riproporre alcune riflessioni che mi stanno particolarmente a cuore sul tema del rapporto tra natura e architettura.
L'uomo è immerso, e nello stesso tempo è, natura. In noi agiscono forze che ci avvicinano e ci allontano dal nostro essere natura. Riconvergere verso la totalità che la natura rappresenta è una sfida che siamo tenuti a raccogliere. La storia dell'architettura e dell'urbanistica, del resto, è la storia di questa lotta sin da quando nella radura si costruiva il villaggio in cerchio con i percorsi a raggio che convergevano verso il centro in una cristallina e complessa articolazione di significati. In modo alterno, nella storia, l'uomo ha sentito l'esigenza di riaccostarsi al verde, di reintrodurlo nel tessuto delle sue strade, e oggi più che mai questo bisogno di immersione e di nuova fusione con tutto ciò che diciamo “natura” preme nell'architettura e nell'urbanistica che non possono mancare all'appello della salvazione del pianeta.
E a questo proposito vorrei riportare alcune mie riflessioni che ho espresso nel volume “Decrescita. Architettura della nuova innocenza”, Corraini Edizioni 2009.

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“C'è chi pensa che basterebbe una diffusa attenzione ai risparmi energetici per ridurre in modo sensibile i pericoli di un tracollo ecologico. È ben certo, però, che ciò è difficile che avvenga e che è necessario un ben più ampio impegno a tutti i livelli, ad esempio sul piano normativo, dei controlli e della diffusione dei concetti base già nelle scuole. Siamo convinti che occorra cercare un terzo sentiero da percorrere: direzionare la ricerca scientifica per la riduzione decisa dei consumi e contro gli effetti negativi delle applicazioni chimiche e delle energie inquinanti.
Ed ancora, per quello che riguarda l'architettura occorre una particolare e profonda attenzione nei confronti della natura: una poetica nuova. Una visione del mondo e dell'operosità umana unite ad una nuova convivialità, una nuova creatività. In economia, ad esempio, si presta una grande attenzione ad altre forme di rapporto legate a dinamiche basate sul sentimento, sul senso solidale, sulla sintonia umana, sulla fratellanza. (…)
L'architettura ed il disegno dello spazio sembrano oggi governati da chiusure e da cancelli, da recinzioni e protezioni varie che danno il senso di spazi separati, segmentati. Gli spazi antichi non erano così. Il desiderio di accumulo e la paura di esserne privati chiude e crea infelicità. La nuova architettura dovrebbe deconcentrarsi dai temi dell'efficienza e della ‘sicurezza', quasi sempre infondati, e concentrarsi sulle possibilità di una vita comunitaria ove la natura possa fare da volano ai rapporti umani.
Un esempio è nelle collaborazioni tra attività tra loro complementari ove si sviluppano sentimenti di cooperazione. Naturalmente affinché ciò sia un sentimento circolante occorre che da più parti sia generato e sperimentato quale vitale bisogno di tutta la società.
Più che un auspicio questo sentimento va praticato nei confronti della natura. Va segnalato quale esempio il fatto che si siano preferiti lastricati pietrificati sia per ‘comodità' sia per una presunta fedeltà filologica, nel caso di luoghi antichi. Non si pensava che, un tempo, la natura era presente tutt'intorno e che tutto è cambiato. La fedeltà è solo mentale mentre ora occorre prendere dentro di noi ciò che ci è possibile della natura stessa. Quella sensibilità del dono, della gratuità, del prendere dentro di noi il problema dell'altro sarà la stessa nei confronti del verde e di tutto ciò che è natura. E non si dovrà aspettare che tutto sia condiviso, chiaro e possibile. Occorre iniziare subito e sperimentare con le risorse di cui si dispone.”

 

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Riccardo Dalisi
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