Buoni motivi per un forte "si" al referendum

PATERNOPOLI/Dibattito vano o scadente

I BUONI MOTIVI PER UN FORTE “SI” AL REFERENDUM COSTITUZIONALE

A noi fu impedita l’iscrizione al Partito Democratico. Affrontammo con “serenità” questo diniego. Nè conserviamo rancore verso chi la impedì. Nell’uno e nell’altro caso, nel Pd o fuori dal PD, siamo per il SI al referendum costituzionale. “Serenamente” voteremo SI’. Lo facciamo noi ed invitiamo tutti a farlo, iscritti e non al Pd. E per delle buone ragioni, di cui ci concediamo di discuterne solo alcune, anche perché al di la dei lamenti, delle virtuali sofferenze, si ha necessità di entrare nel vivo delle questioni e incominciare a rispondere a precise domande:
a) “è utile conservare o meno il sistema politico ed istituzionale esistente o cambiarlo secondo le linee della riforma?”
Crediamo non debbano esserci dubbi. Il sistema politico e istituzionale in vigore non va bene. L’abbiamo visto all’opera e crediamo che nessuno possa difenderlo dall’accusa di essere inadeguato ad accompagnare i cambiamenti politici che il Paese reclama. La storia recente parla chiaro. Quasi tutte le ultime esperienze di governo sono finite con lotte fratricide consumate fra la Camera e il Senato. Gli inquilini di Palazzo Chigi sono stati cacciati da vicende contorte, spesso favorite da meccanismi parlamentari caotici. Voltare pagina, è necessario. Le riforme sono invocate da anni e volute da molti, non è un prurito “renziano dell’ultimo minuto”;
b) “ il pacchetto di riforme proposto è “accettabile” oppure no?.”
“Accettabile”, certo, è la parola “chiave”, quando parliamo di riforme costituzionali. Non è “l’ottimo”. L’ottimo è nemico del bene, in questi casi. Ciascun partito politico, ciascun professore universitario esperto in tale materia, ciascuno di noi, potrebbe concepire la riforma perfetta e poi misurare come tale perfezione mal si incontri con le concezioni altrui. Ma l’assetto costituzionale è un ombrello sotto il quale tutti devono poter agire nella comunità politica, dunque deve incontrare l’adesione dei più – per questo andiamo al referendum – anche a scapito del sacrificio della propria idea perfetta. E’ questo che deve darci “serenità” nel votare “SI”. Quindi, la riforma, anche se non è quella che avremmo fatto noi se a tanto fossimo stati chiamati, la troviamo accettabile perché in essa trovano posto la fine del bicameralismo paritario, il rafforzamento dell’azione del governo, la riduzione di alcune competenze legislative assegnate alle Regioni, la proposta del referendum propositivo, il calo dei costi della politica che la riforma produce;
c) “esiste o no pericolo di svolta autoritaria connesso a questa riforma?”
E’ deviante gridare alla svolta autoritaria come pericolo connesso a questa riforma. Immaginare che la riforma favorisca l’instaurazione di una dittatura è esagerato anche per una fervida fantasia. Eppure non sono passati molti anni da quando abbiamo davvero sperimentato la paura di eccessiva concentrazione dei poteri. Chi ha buona memoria ricorderà quando in quegli anni il potere era nelle mani di un solo uomo, che faceva del decisionismo muscolare il suo marchio di fabbrica, si centralizzava il potere esecutivo, quello finanziario, quello comunicativo (con tutti i meccanismi d’influenza sugli altri poteri che tale sistema generava). Sì che c’era da preoccuparsi, allora. A noi sembra invece un errore di sopravvalutazione assegnare a Renzi il ruolo di novello aspirante duce;
d) “il fronte del no, propone alternative coerenti?”
Il fronte del “no” non propone alternative coerenti, mentre è chiaro come si compone e addirittura come lo viva ( problema di “non serenità”). La verità è ben diversa. Il fronte del “no” è fatto da quelli che dicono “no” sempre e in ogni caso. Rifiutano ogni cosa, a prescindere. Poi vi sono quelli cui importa poco della riforma costituzionale, ma vogliono semplicemente mandare a casa Renzi, facendo con questo referendum un congresso anticipato del Pd, quelli che rimpiangono i tempi in cui si aprivano i ministeri a Monza, o si decideva il futuro del governo nella direzione del partito, oppure quelli che sognano l’instaurarsi di una democrazia diretta, nella quale la scheda nell’urna è sostituita dal clic sul mouse.
Ma vi sono anche quelli che entrano nel merito della riforma, ne contestano con competenza i rilievi giuridici, offrono soluzioni alternative. Costoro non reputano “accettabile” la soluzione individuata. Per fortuna sono pochi. Sono una minoranza.
Mario Sandoli
per la nascente Associazione politico-culturale “Il Gabbiano”

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