De Rienzo: ecco come si arriva al dissesto (pt. 5/5)

Non c'è azione peggiore e più immonda dell'inganno perpetrato da chi diffonde sospetti in malafede.

Certi dati messi in circolazione negli ultimi giorni sono schizofrenia pura.

Incalliti denigratori da strapaese cercano di creare il disorientamento nell'opinione pubblica per determinare un nuovo orientamento coatto, basato su convincimenti errati perché sostenuti da false informazioni. La levità eversiva di una simile strategia produce invettive, provocazioni, ingiurie parole senza senso e senza costrutto. Nella loro delirante visione tutto diventa caricatura, battuta, comizio elettorale.

Ma la verità è un'altra cosa e finirà per prendere fissa dimora nelle coscienze di tutti i patemesi.

Le loro mistificazioni allora diventeranno un boomerang che li screditerà per sempre.

L'ultima entrata a gamba tesa di costoro mi accredita come capo dell'opposizione.

Stiano tranquilli, l'insulsa e decadente politica di questi tempi è cosa che non mi riguarda, né mi attira. In questo momento storico sono solo l'araldo della buona amministrazione del passato.

Il testimone, scomodo per i loro scellerati disegni, delle vicende amministrative degli ultimi undici anni

 

SPESE LEGALI E CONTENZIOSI

Ma riprendiamo la nostra puntuale analisi iniziando dalle spese legali e dai contenziosi.

Va sottolineato con forza, innatizitutto, che il contenzioso è una risorsa se usato con grano salis, è una iattura quando è subito per pigrizia ed ignavia. Nel primo caso serve a difendere l'Ente dalle aggressioni, a volte feroci e spregiudicate, di gente senza scrupoli.

Nella seconda ipotesi, invece, espone l'ente ad inutili lievitazioni del debito.

Nel 1995, all'atto del mio insediamento, il Comune di Patemopoli era esposto agli esiti di oltre sessanta contenziosi civili. I debiti già certi ed esigibili sfioravano il miliardo (cito Dragonetti, enti assicurativi, consorzi, imprese locali, Fata, Titomanlio e Manone, Tecce, Iorio, ed altri minori).

Le esposizioni debitorie "in fieri", ma di fatto ineludibi perché legate ad azioni monitorie in cui l'ente sarebbe stato sicuramente soccombente, trattandosi di espropri e di prestazioni professionali non pagati, i cui giudizi erano stati incardinati nei termini, sfioravano i quindici miliardi.

Insieme ai miei più stretti collaboratori, non mi attardai nello sterile esercizio della ricerca del capro espiatorio. In questi casi i colpevoli possono essere tutti e nessuno. Insomma, non ci mettemmo a fare i "masanielli", me neppure ci lasciammo prendere dallo sconforto. Meno che mai ci sfiorò l'idea di aspettare gli eventi ineluttabili per poi ricorrere al dissesto finanziario, rifugio degli incapaci e dei dissoluti.

Fummo bravi a trarre nuove energie ed entusiasmo dalle difficoltà.

Vennero onorai i subito i debiti già esigibili e ci attivammo, lavorando sodo notte e giorno, a trovare le soluzioni giuste per le vertenze in atto e nel giro di due anni portammo a buon fine tutta una serie di transazioni: ben cinque, a tacitazione di 12 procedure, con De Jorio e De Conciliis, e ancora con Famiglietti, eredi Biancaniello, Iannuzzi Nicola, Caprio Maria, con l'architetto Mario Sandali, con la cessionaria del credito del geom. Romano, con i germani Ianella, e tante altre minori, fino ad arrivare all'ultima con la curatela del fallimento De Piano. Tutte vantaggiosissime per il Comune. Per il pagamento furono attivati una serie di mutui, ai sensi della legge 539/95 sui maggiori oneri di esproprio, a carico della Stato nella misura del 60%, e fu tenuto, cosi, alto il prestigio e l'onore dell'Ente. Per Sandoli, la Serena Assicurazioni e Iannella attingemmo alle risorse della legge 219/81. Dove non ha avuto successo il tentativo di conciliazione, abbiamo sempre onorato con puntualità le sentenze del Tribunale, come nei casi De Prisco R., Fallimento Iapicca, lanella Gerardo, Pastore, Famiglietti, ed altri.

Il nostro operato ha avuto incondizionati apprezzamenti da tutti gli organi superiori preposti al controllo. Altri contenziosi, non transatti per scelta ragionata, sono stati portati a termine vittoriosamente fino alla Cessazione. Si è trattato, mi pare evidente, di un vero capolavoro di buona amministrazione. Nei miri nove anni di sindacato, inoltre, sono stati promossi contro il Comune diverse vertenze. Alcuni giudizi li ha promossi la stessa Amministrazione contro debitori del Comune, come l'Enel e la Telecom, con piena vittoria dell'Ente. Altri per il recupero di somme dovute al Comune da privati cittadini. Questi contenziosi, fino ad oggi tutti favorevoli all'Ente quelli già definiti, in molti casi anche con vittoria di spese legali, sono stati affrontati per preservare l'Ente da vere e proprie aggressioni.

 

LE SENTENZE FAVOREVOLI ALL'ENTE

Portoa ad esempio solo alcune citazioni: EdilMorsa che reclamava 500milioni, Storti Michele che reclamava l'integrazione ad un buono contributo, l'ing. Pietro Pecce e gli architetti Aurigemma e Formato che reclamavano vecchie competenze per prestazioni professionali.

Queste sentenze sono state tutte favorevoli all'Ente, anche in appello, e tutti, tranne EdilMorsa, hanno dovuto sopportare anche le spese legali dell'Ente. Tutto ciò testimonia della bontà delle ragioni e dell'operato della mia Amministrazione. Per le vertenze ancora in corso, statene certi, ci sono tutti i presupposti per un esito favorevole all'Ente, compresa quella del campo sportivo su cui si fa un gran ricamare di stupidaggini, Il caso specifico rappresenta un'altro esempio di buona amministrazione,

 

LE OPERE PUBBLICHE

Anche quest'opera pubblica è ben realizzata e costituisce un capolavoro, come la nuova scuola Media, la nuova rete idrica, piazze IV Novembre e Piazza Jardino, il recupero urbanistico del centro storico ed urbano con salite, vicoli e vicoletti recuperati in pietra, la toponomastica e la numerazione civica in ceramica, l'ammodemamento della rete viaria rurale, il recupero dell'area di sedime dell'ex scuola media, come tante iniziative che hanno promosso le tradizioni ed il territorio e che hanno dato lustro e prestigio al nostro paese, come l'acquisizione gratuita al patrimonio comunale del Capannone in via Piano e le eccezionali assegnazioni spuntate per la ricostruzione.

Tutti guardavano, negli anni scorsi, a Paternopoli estasiati e con sana invidia. Già si sentono nell'aria nostalgie struggenti per il passato,

 

LA CATTIVA AMMINISTRAZIONE BARBIERI

La cattiva amministrazione, invece, si riscontra nella pigrizia che ha caratterizzato la gestione delle opere da me lasciate in cono di esecuzione.

Tornando all'esproprio del campo sportivo, il proprietario non è stato indennizzato perché è stata riscontrata discrasia tra le aree effettivamente occupate ex novo e quelle pretese. E poi perché le richieste economiche, registrate in sede dei vari tentativi di conciliazionem erano troppo esose e si discostavano di parecchio dalle 20mila lire/mq, con riferimento all'attualità e alla destinazione urbanistica, ritenute congrue dall'UTE nel 1997 per aree vicine dello stesso proprietario. Credo

che il giusto compenso, che sarà stabilito dal Giudice, sarà sicuramente inferiore al massimo della nostra offerta. Stia attento, perciò, chi è affetto dai pruriti del diamo tutto a tutti. Le transazioni vanno fatte con giudizio e non con motivazioni politiche. Mette i brividi la nuova teoria che circola in alcuni ambienti, secondo la quale per evitare contenziosi bisogna dare tutto a tutti e non chiedere niente a nessuno. Ribadisco, che nessuno si facci, prendere dalla fregola delle transizioni a scialare sui contenziosi in atto.

Allo stato nessuna nuova parcella è stata notificata all'Ente. La cifra di 250mila euro messa in giro è fantasia perversa. Le spese legali che ho pagata in dieci anni non superano di molto i 100mila euro: l'avvocato dell'Ente da me officiato, infatti, ha sempre presentato parcelle vistate dall'Ordine con i minimi tariffari. Ma con quella cifra vengono preannunciate, forse, le spese legali per i 105 ricorsi presso il Giudice di Pace per gli Autovelox. Il Giudice, infatti, li sta accogliendo tutti. Ma con questo pasticcio io non c'entro. Sono altri i responsabili delle modalità e dei tempi con cui è stato gestito l'Autovelox. Concepito per darlo in uso ai Vigili Urbani nei tratti più sensibili del traffico cittadino, come deterrente per garantire la sicurezza dei pedoni, Barbieri lo trasformò in uno strumento per fare cassetta sulla SP 39. Apice di questo atto è il contratto che il nostro firmò e che esponeva l'Ente a pagare alla ditta cessonaria il 30% del' incassato, più dieci euro a foto scattata e non andata a buon fine. Oggi all'orizzonte si profilano 105 soccombenze per l'Ente. Colui che inquina con queste frottole lo scenario politico locale si riferiva, sicuramente, alle spese legali che il Comune dovrà sopportare per questi ricorsi. Ma ha sbagliato anche questa previsione: sono di la da venire e, comunque, saranno molto di meno.

Sono altri, conte si evince da tutto ciò, che si dilettano ad occuparsi di stupidaggini. Io mi sorso occupato di cose serie e di grandi opere, comprese quelle lasciate in eredità a questa amministrazione, come il centro polifunzionale per disabili e l'insediamento per il carnevale, ideati, pensati ed avviati a progettazione nel 2002/2003.

 

IL CASO DEI CONTRIBUTI INPDAP

Altro caso subdolamente sollevato è quello relativo ai contributi Inpdap per l'ingegnere D'Aveta. Ma che peccato ha fatto Paternopoli per meritarsi tanto scempio. La gestione e la soluzione del complesso caso D'Aveta è un altro mio capolavoro. Noi eravamo grandi in tutti i settori della gestione della cosa pubblica, Era una vicenda di difficile decifrazione, quella di cui si parla, per l'intreccio inestricabile di risvolti tecnico-amministrativi, politici ed umani.

Due sospensioni dal servizio, una serie di ricorsi al Tar e al Consiglio di Stato, ragioni sociali e politiche. Alla fine abbiamo raggiunto un buon compromesso per tutti. Il D'Aveta non è stato licenziato e nemmeno è stato riassunto in servizio, ma è stato trasferito all'Arpac.

Lo stesso ha, però, preventivamente rinunciato a tutti i ricorsi pendenti. Se il dipendente avesse vinto anche solo quello relativo alla prima sospensione del 1994, che presentava qualche vulnus formale, il Comune avrebbe corso il rischio di dover pagare circa 300 milioni.

C'è sembrato opportuno, allora, coniugando rigore e sensibilità umana, evitare qualsiasi rischio e riconoscere anche una parte di contributi previdenziali, Diciottomila euro, per il primo periodo, regolarmente pagati nel 2003 sotto l'efficace regia del sottoscritto, e 24 mila euro, per il secondo periodo, riconosciuti nel maggio 2004, come cifra una tantum per oneri previdenziali ed a tacitazione definitiva di ogni cosa. Dopo poche settimana io non ero più sindaco, e chi doveva dare esecuzione alla delibera non l'ha fatto. Anche se i fondi erano disponili.Ad ogni buon fine, l'Ente non deveva una sola lira di più dei 24mila euro riconosciuti.

Le pretese dell'Inpdap sono infondate e trovano ragione d'essere, devo credere, nell'errata rappresentazione che gli uffici comunali interessati danno del problema.

L'Ente non deve pagare sanzioni perché non è responsabile di omesso o ritardato pagamento. Il D'Aveta, per il periodo in questione, era sospeso legittimamente e non è stato riammesso in

servizio. La concessione di una cifra uno tantum per oneri previdenziali é un riconoscimento che attiene ai rapporti, per come definiti e transatti, tra il Comune ed il D'Aveta, anche se non sorto sufficienti a coprire l'intero periodo.

 

UN ERRORE TIRA L'ALTRO

Qualcuno obietta: ma come poteva Barbieri creare tanti problemi in un solo anno. Non c'è bisogno di meravigliarsi: in questi casi, si sa, un errore tira l'atto. Esemplare, a proposito, è la vicenda dei progetti incentivanti del 2004, di cui si è sentito parlare in campagna elettorale e che è vera per filo e per segno. In merito ai dipendenti, mi preme puntualizzare che nell'articolo di sabato scorso, per mero disguido, è stato riportato che 26 erano in servizio nel 1995, 24 nel 2003 e 20 nel 2006: i dati esatti soro, rispettivamente, 27,25 e 21, con il che la sostanza non cambia.

 

I CONTI NON TORNANO

Ammesso che poi sia vero, anche perché molte spese sono aumentate nel bilancio di previsione del 2005 (ne aspettiamo sempre il rendiconto): per la gestione di alcuni servizi e di talune forniture, per adesioni a consorzi e per convenzioni sottoscritte. Nello stesso esercizio molte entrate sono venute a mancare per mancanza di rigore nell'accertamento e nell'esazione di tasse, diritti ed oneri dovuti da cittadini che hanno finito per intendere il territorio come un far west. Le aree di sedime ad esempio, se sono state acquisite a titolo oneroso, secondo le previsioni del PdR e delle leggi vigenti, devono essere pagate al Comune. Non è moralmente accettabile che si possa coltivare il consenso con banali forme di lassismo.

 

LA LEGALITÀ DEL PASSATO

Nel passato, quando si garantivano la giustizia sociale e la legalità, anche a cospetto di coloro che cercano di piegare le leggi e le regole in favore del proprio egoismo, tutti hanno pagato tutto il dovuto. Noi eravamo custodi di un'idea e di un ideale dal profilo molto elevato.

Il nostro era un modello politico e sociale fatto di leggi e di regole da rispettare da parte di tutti.

La verità alla fine, dunque, viene sempre a galla. Il vero scandalo oggi è il dissesto finanziario, confezionato con motivazioni pretestuose ed artefatte.

 

IL DEFICIT CLIENTELARE

Non c'è un deficit strutturale, ormai lo sanno anche le pietre del paese. Il deficit è "clientelare e voluttuario",come s'è detto nei giorni scorsi, è di dimensioni ridicole, è contingente e provvisorio. Fa sorridere la tesi che il deficit di 219mila euro sarebbe ripetitivi, per molti anni a venire. C'è chi non ha capito proprio niente delle forze vive del bilancio, sia per quel che attiene le componenti strutturali che quelle dinamiche dello strumento contabile. Nessun bilancio, anche quello dell'Ente più statico e più povero di risorse, è ripetitivo e sovrapponibile negli anni. Sul fronte delle spese, lo si è capito bene dall'analisi rigorosa che ho tracciato, si possono tagliare, complessivamente, almeno 150-200mila euro, e non solo per 02006. Sul versante delle entrate si possono prevedere almeno 150mila euro di entrate extratributarie, nei prossimi tre/quattro anni.

 

IL DISSESTO, UN'AZIONE DA EVITARE

L'orribile decisione, inquinata com'è dalla politica, sarà micidiale per l'Ente e sottopone al martirio della bugia un'intera comunità. Essa costituisce colpa grave, sia per chi l'ha ideata che per chi l'ha approvata. La deliberazione del dissesto è stato il segnale della volontà di affermare il proprio potere nella maggioranza. L'operazione è stata arbitraria perché basata su principi politici astratti e non sulla certezza dei dati. L'operazione é macchiata da un eccesso di potere nella valutazione dei dati. Il dramma è che nessuno si rende conto della gravità del gesto: ed è un fatto malinconico, un'altra manifestazione del fallimento politico e morale di questa sedicente amministrazione che ha sparato una cannonala per contrastare un moscerino. E' scontato ricordare che gli effetti di atti così scellerati durano un tempo lungo, ma dal punto di vista simbolico sono fondamentali per testimoniare l'ignavia dei responsabili.

 

IL DANNO ECONOMICO E MORALE

Gli autori non si sono resi neppure conto del danno, questo sì certo, che procureranno in termini di deficit aggiuntivi per diversi anni: il commissario liquidatore, alla fine, rischia di costare all'Ente pià della somma per cui è stato dichiarato il dissesto. E' stato un segnale inquietante di impotenza e di incapacità di dare risposta ad una piccola crisi. Un comportamento che dimostra il momento di decadenza straordinaria che si vive in paese. Non c'è una sola ragione che possa giustificare un'amministrazione oscurantista, che ha dato prova di così plateale ingiuria nei confronti dell'Istituzione Comune e dell'intera comunità.

In questa cupa atmosfera di decadenza globale, da basso impero, mi viene in mente una mirabile pagina di un grande scrittore napoletano contemporaneo, che bene si addice alle vicende narrate. Nel suo "L'estro quotidiano", Raffaele La Capria lamenta come il nostro linguaggio si stia pericolosamente "ingorgando di chiacchiera". E cita la nona terzina del III canto dell'Inferno di Dante: «Diverse lingue, orribili favelle, /parole di dolore, accenti d'ira, /voci alte e fioche, e suon di man con elle». Sembra il trambusto di una campagna elettorale, uno di quei nefasti gironi nei quali veniamo periodicaniente risucchiati, «Solo che il nostro inferno è meschino, è popolato da demoni meschini, a se stessi ignoti, e ignari persino del male che essi incarnano». Per sottrarci a questo scenario infernale, per tornare "a riveder le stelle", occorre che nella vita pubblica tornino ad afferrami l'intelligenza, la capacità, la credibilità e la serietà.

 

Felice De Rienzo

Free Joomla templates by Ltheme