Flessioni e... Ri-Flessioni irpine

Se in questa noiosa campagna elettorale si volesse discutere seriamente delle questioni più dirompenti che turbano l'esistenza quotidiana delle nostre popolazioni, si dovrebbe prendere spunto dalla ferita più dolorosa che offende l'Irpinia, ma il discorso si potrebbe estendere facilmente a tutte le aree interne e depresse del Mezzogiorno. Mi riferisco al problema della disoccupazione giovanile, alla totale assenza di prospettive e speranze legate a un lavoro e a una vita dignitosa per l'avvenire delle giovani generazioni.

Il tasso della disoccupazione giovanile in Irpinia è assai elevato in quanto si aggira oltre il 52 per cento: quindi, nella provincia di Avellino un giovane su due è disoccupato. Inoltre, e questo è motivo di ulteriore apprensione e amarezza, il numero dei disoccupati che hanno varcato la soglia dei 30 anni è in costante aumento. Notevole è anche il numero dei disoccupati ultraquarantenni, che nutrono scarsissime speranze e possibilità di reinserimento nel mondo del lavoro. Nel contempo, anche in Irpinia si sono diffusi a dismisura i rapporti di lavoro atipici e precarizzati, soprattutto nella fascia di giovani tra i 20 e i 25 anni, ossia tra i giovani alla loro prima occupazione lavorativa, assunti con contratti a breve termine.

Per non parlare dello sfruttamento del lavoro nero. Il numero di lavoratori stranieri presenti in Irpinia è notevolmente cresciuto negli ultimi anni. Lo sfruttamento di manodopera straniera a basso costo, pagata a nero, costituisce un problema molto grave ed esteso, che investe soprattutto i lavoratori immigrati che ne pagano le conseguenze. Infatti,  anche in Irpinia si registrano percentuali inquietanti di omicidi bianchi, vere stragi sul lavoro di cui nessuno parla. In gran parte le vittime sul lavoro sono costituite da manodopera straniera impiegata nell'edilizia. Nella nostra provincia l'ennesimo incidente mortale sul lavoro si è verificato in un cantiere di Pietradefusi il 22 maggio scorso. Ma questo macabro bilancio implica un aggiornamento quasi quotidiano. Ma cosa fanno i "sepolcri imbiancati" della politica locale? Evidentemente sono troppo occupati in campagna elettorale a dispensare facili promesse che non saranno in grado di mantenere, ma che servono a carpire la buona fede degli sprovveduti che ancora credono a tali impostori.

Negli ultimi anni la realtà irpina ha accusato una nuova, improvvisa accelerazione storica che ha spinto fasce sempre più ampie di popolazione, soprattutto giovanile, verso il dramma della disoccupazione e dell'emigrazione, dell'emarginazione, della precarietà e della disperazione. In questo contesto di pesanti difficoltà esistenziali, le devianze giovanili, i suicidi e le nuove forme di dipendenza - dall'alcool e dalle droghe pesanti - sono solo gli indizi più allarmanti e sintomatici di un diffuso malessere economico e sociale di cui nessuno, tanto meno i politici, sembra voler prendere atto. 

La scarsità di un lavoro degno di questo nome, lo spauracchio dell'emigrazione (anche per le fasce sociali più scolarizzate), il ricatto sempre più anacronistico, ma tuttora vigente, delle clientele politico-elettorali, la crescente precarizzazione dei contratti di lavoro e più in generale della stessa esistenza, l'assenza di tutele e diritti: queste sono tra le cause più drammatiche e strutturali che producono il disagio materiale ed esistenziale dei nostri giovani. Intere generazioni che crescono e si formano culturalmente nella nostra terra, ma poi sono costrette ad emigrare per far valere le proprie capacità, per trovare un ambiente in cui vivere decorosamente e realizzarsi non solo dal punto di vista professionale, ma anche sul piano sociale. Se invece restassero, sarebbero costrette ad inchinarsi al solito "santo protettore", oppure a farsi mantenere a vita dalle proprie famiglie. Queste condizioni non sono per nulla dignitose, e in nessun caso permettono di affermare la propria indipendenza economica, ma soprattutto di conquistare la piena autonomia sotto il profilo sociale e politico. Si tratta di situazioni precarie e ricattabili, segnate da dolorose frustrazioni interiori.

Oggi l'Irpinia è un vasto comprensorio di piccoli comuni soggetti ad un inarrestabile calo e invecchiamento demografico, centri che non offrono nulla o quasi ai giovani, sia sul versante delle opportunità occupazionali, sia sul piano delle occasioni di svago, dei momenti di aggregazione e crescita culturale, tranne pochi bar, pub o altri tipi di locali pubblici in casi eccezionali, è una provincia ridotta ad un luogo di noia e desolazione esistenziale, per cui attecchiscono atteggiamenti insani e pericolosi, si affermano in misura crescente devianze e dipendenze da alcolici e droghe varie, abitudini impensabili fino a 25/30 anni fa.

Negli ultimi anni, il problema delle tossicodipendenze giovanili è uno dei fenomeni sociali che hanno subito una notevole accelerazione e trasformazione storica anche nelle nostre zone, assumendo proporzioni e caratteristiche di massa che prima erano ignote. Questo aspetto è uno dei segnali che attestano in modo inequivocabile i mutamenti economico-sociali e culturali compiuti nelle nostre zone. In una società di massa, in cui prevalgono tendenze e abitudini di tipo edonistico e consumistico, è inevitabile che si affermi anche un consumo massiccio di quelle sostanze definite "droghe", anzitutto per un effetto di emulazione e omologazione culturale, vale a dire in virtù di un efficace strumento di persuasione, comunemente definito "moda".

E' estremamente difficile determinare con esattezza la portata di un fenomeno come il consumo di sostanze stupefacenti nei nostri paesi, ma basterebbe guardarsi un po' intorno con maggiore attenzione per rendersi conto della realtà. Un dato certo è che piccoli paesi con più o meno 4 mila abitanti, come Andretta, Caposele, Frigento, hanno assistito ad una crescita inquietante del fenomeno negli ultimi anni. In queste piccole comunità si conta un elevato numero di giovani tossicomani che fanno uso di sostanze letali quali l'eroina, il kobrett e il crac, i cui centri di spaccio sono da ricercare fuori dal nostro territorio, in luoghi notoriamente riconosciuti nelle periferie e nei quartieri più degradati dell'area metropolitana di Napoli, come, ad esempio, Scampia e Secondigliano.

Ebbene, quali sono le proposte emerse in questa scialba campagna elettorale? Quale è stata finora la risposta messa in campo dalle istituzioni politiche locali? Nella peggiore delle ipotesi, nulla. Nella migliore, il ricorso alle forze dell'ordine, l'intensificazione dei controlli e dei posti di blocco, insomma la repressione poliziesca, come se questi metodi coercitivi, oltre che inutili, potessero rimediare al malessere diffuso nelle nostre comunità, che scaturisce da altre emergenze sociali che ancora non hanno trovato una soluzione idonea e razionale: mi riferisco alla disoccupazione di massa, alla nuova emigrazione, alla precarizzazione delle condizioni di lavoro e di vita, all'assenza di diritti e tutele, di speranze e possibilità per tanti giovani, e meno giovani, dell'Irpinia.

 

Lucio Garofalo

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