Irpinia: territorio e legalità

Irpinia: territorio e legalità

di Giovanni Fiorentino

da Cronache Irpine del 12 novembre 2005

 

Eppure la memoria ci può salvare. Perché la memoria ci spinge addosso il fiato degli anni, delle pietre, delle vie, delle piazze, dei giochi dell'infanzia. Dei nomi assurdi dei vecchi. E noi, io credo, noi possiamo reagire agli spari e alle bombe che ci svegliano dal letargo della ricostruzione, anche ritrovando le orme di una storia che la razza gippona di geometri e ingegneri ha troppo spesso annullato. Per distrazione nostra, beninteso.

Dalla penetrazione della delinquenza, anche organizzata, ci si difende non solo (non tanto?) attraverso lo sviluppo economico, quanto grazie alla capacità nel tempo di stimolare, sostenere e consolidare reti locali di relazioni positive come premessa di sani percorsi di crescita. La parcellizzazione degli interessi assume spesso, tuttavia, forme parossistiche. Ci si divide per nulla: nelle rissose associazioni, nelle umide sezioni dei partiti, nei paesini angusti e vuoti. Si amplificano gli umori personali e gli scontri, si cede all'indicibile voglia di essere da soli ma puntualmente contro qualcuno o qualcosa. La via personale (personalistica) alla risoluzione dei problemi sottopone quotidianamente a fibrillazione il tessuto dei rapporti, priva di energia la capacità di intercettare le dinamiche del territorio e di reagire così ai fenomeni critici.

Lo sviluppo è parte della lotta per la sicurezza e la legalità.

Oggi spaventa la solitudine dei giovani in una terra così ruvida, e il timore che, facendo leva sulla limitatezza degli orizzonti e sulla difficoltà generale di configurare prospettive immediate, la criminalità possa raccogliere proprio tra essi una facile manovalanza. Il rafforzamento dei ruoli, delle funzioni e dei servizi dell'amministrazione (e della politica) a favore delle persone deve scongiurare il declino verso un livello di conflittualità nel quale viene meno la funzione di mediazione delle organizzazioni riconosciute. Che i luoghi pubblici delle nostre comunità si facciano posti nei quali prendono forma e si realizzano lo scambio, lo sforzo dell'integrazione delle generazioni, la pratica concreta della rappresentanza, capaci di prevenire l'immane scempio dei ruoli di interposizione delle camorre.

Occorre spendere bene per evitare nuovi squilibri, per non alimentare ulteriori disarmonie. All'ossessione manifatturiera, che -pur importante- segna tanti dibattiti locali, si deve affiancare l'attenzione agli investimenti per interventi rivolti a creare una complessiva cornice di protezione e di prossimità alle esigenze della gente. E' importante che le istituzioni assumano pienamente la responsabilità di evitare che altre organizzazioni si sostituiscano ad esse nella risposta ai bisogni dei cittadini.

E' che la nostra terra dovrebbe riprendere i legami che l'hanno sempre tenuta unita: sono fili di tempo, fili di spazio, lungo i quali trovare il senso di dove siamo arrivati e la direzione verso cui -avvertitamente, si spera- stiamo navigando. Condannati a non essere né rock e né lenti, viviamo sospesi. E in questo stato di incertezza, tra un passato pieno di promesse ed un presente che gronda passato (ex fabbriche, ex lavoratori, ex presidenti, ex calciatori...), occorre la forza di confermare nelle norme, nelle regole condivise, nella legalità e nei comportamenti ispirati al bene comune la strada maestra da percorrere per il futuro dei nostri paesi.

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