In queste elezioni amministrative non era in ballo solo l'elezione di qualche centinaio di sindaci ma anche la credibilità di un sistema politico giunto ormai alla fine di un ciclo. Il voto ha visto il crollo dei partiti che hanno sostenuto il Governo Berlusconi per la responsabilità di aver portato l'Italia sul baratro di una crisi drammatica, ma ha rappresentato anche un campanello d'allarme per il Pd e il centrosinistra. In particolare nel Pd, i fautori di un accordo esclusivo con il terzo polo escono dalle urne definitivamente sconfitti. Lo svaporamento dell'UDC e dei finiani, le dimissioni di Lombardo in Sicilia e la scomparsa di Rutelli dalla scena politica dimostrano che gli italiani non si fidano degli ex democristiani, anche quando cambiano pelle, ma guardano altrove. Il risultato di lunedì poi dimostra che gli italiani sono realisti: quando non gli è data la possibilità di scegliere il meglio, optano sempre per il male minore; e in questa occasione il male minore era rappresentato dalle liste di centrosinistra. Bersani dichiara la vittoria del Pd ma il suo volto tirato cela una chiara delusione e una tremenda consapevolezza di essere arrivato al capolinea quale segretario-garante di privilegi di una classe dirigente fatta di aristocratici parrucconi, professionisti della politica incapaci di leggere la società di oggi e le sue rapide evoluzioni. A Parma dal primo al secondo turno il candidato del centrosinistra ha perso diecimila voti. Questo significa che quando gli elettori si sono trovati a dover scegliere tra un candidato espressione di un sistema di partiti e il progetto di Grillo hanno deciso di dare una spallata al sistema dei partiti che in questi anni ha portato Parma e l'Italia sull'orlo del baratro. Il Pd se vuole riprendersi la sua centralità e ambire a governare il Paese deve obbligatoriamente rinnovare ed innovare la politica e la sua classe dirigente, dialogare con IDV e SEL ed aprire al Movimento Cinque Stelle di Grillo. Naturalmente per dialogare con Grillo dobbiamo prima di tutto rispettare lo statuto del Pd che vieta la ricandidatura alle prossime elezioni politiche di chi ha già svolto per più di due volte il mandato parlamentare e poi scegliere il candidato premier con vere e democratiche elezioni primarie. Bersani non po' garantire tutto ciò, e lo sa; quindi tirerà a campare, perché non riesce in questo anno, che ci separa dall'elezioni politiche, neppure a mettere d'accordo i suoi per dimezzare i parlamentari, abolire il finanziamento pubblico dei partiti, cambiare la riforma elettorale, abbattere i costi della politica. La campana dell'ultimo giro oggi e' suonata per il PDL e la Lega ma anche per il Pd è tempo di sveglia! Il tempo è scaduto. E Bersani finalmente l'ha capito. Dunque, il segretario Bersani se davvero ama il Pd passi la mano ai tanti giovani capaci ed intelligenti che militano nel partito e che quotidianamente vengono mortificati da uno sparuto gruppo di professionisti della politica che da trenta anni rimangono incollati alle loro poltrone. Se non lo farà, si ritroverà con il Movimento di Grillo sopra il 20 per cento ed anche noi, democratici della prima ora, che continuiamo a credere nella necessità di un partito democratico e riformista non perderemo un minuto in più per lasciare al suo destino un Pd, che oggi appare snaturato e privo d'identità, per sposare la causa del rinnovamento e della innovazione della politica, andando a gonfiare ancora di più le vele del Movimento di Grillo che ha dimostrato in queste settimane una vitalità ed una freschezza che il Pd ha perso fin dal 2009, da quando, una classe dirigente, miope e attardata, negò la tessera al Pd che noi, umili militanti dell'Irpinia, facemmo proprio a Beppe Grillo. E' da allora che il Pd tiene chiuse le porte che andrebbero spalancate al popolo della rete, ai giovani e al futuro possibile.
Data: 22.05.2012
delegato provinciale Pd
Andrea Forgione