Le Periferie della Politica

LE PERIFERIE DELLA POLITICA di Mario Sandoli*

 

L'esaltazione mediatica che si fa e si consente su presunti "fenomeni" di rappresentanza politica sul territorio e la parallela discussione in negativo di storie d'uomini che hanno segnato la vita di questo Paese, pongono delle questioni. Questioni che vanno inquadrate riandando alla reale lettura delle "periferie della politica". Le "periferie del mondo", per esempio, sono luoghi fisici che spesso si candidano ad essere "centro del mondo". Storie di degrado, di violenza, di disagio che riscattandosi rendono testimonianza diventando, così, il "centro del mondo". Non si scomoderà più di tanto la Storia per Eccellenza, per ricordare che è possibile tanto: la piccola Nazareth, diviene centro del mondo. E cosi è per le periferie romane, per quelle baresi, siciliane e le tante altre delle tante città del mondo che diventano, proprio per la loro esaltante testimonianza, "centro del mondo". Non è così per la politica. Le "periferie della politica", rimangono "culturalmente" tali; restringono, anzi, il loro luogo d'espressione diventando, sempre più, piccole e nebulose "zone" dai contorni indecifrabili. E le "periferie della politica", dalle nostre parti, sono anche inespressive e non scaldano i cuori; provocano, però, e scandalizzano. E' stata, quella appena trascorsa, un'estate che estate non è stata. Dissesti, tanti. Quelli finanziari non convincono; quelli che invece hanno riguardato i nostri ricordi, la nostra memoria, sì. Dissesto di ricordi e di memoria. E poi, l'antenna. Storia infinita.

Apparentemente banale, eppure così significativa del degrado delle "periferie della politica". Antenna, meglio una che due o viceversa; di quaranta metri d'altezza, forse è il caso di tagliarla a trenta. Serra? No, meglio Serroni. Serroni è un diminutivo di Serra. Chissà che scegliendola per la nuova ubicazione dell'antenna non renda più piccolo il problema, sempre che si tratti di problema e non di altro. Ed ancora. Unioni mai nate fatte passare per formidabili macchine da guerra; associazioni d'uomini e d'idee più nella fantasia che nei fatti. Nasce, così, all'improvviso il nuovo corso politico che cambierà storia e vita della nostra "periferia". E giù il "fenomeno". Una volta, il fenomeno, era Pelè. Ci si deve accontentare, da noi, di molto meno. E ancora, profili, prospetti e sezioni del "fenomeno". E le responsabilità? Sono tutte istituzionali. Si è consentito di mettere in giro la storiella che in questa periferia di un piccolo paesino, c'era la prima giunta in Italia a guida, a proposito, di che? senza batter ciglio; si è fatto passare pezzi di carta come tessere di partito senza che tale ancora fosse; si sono consentiti convegni in solitudine senza pensare a quali conseguenze portasse tale consensuale atteggiamento perchè a nulla serve, poi, la giustificazione "tanto non ci sono andato". La "periferia della politica", vive così la politica. In modo talmente confuso, immaginario e distratto che alla fine genera un'auto-rappresentanza che non ha consenso sul territorio, ma che ha alimentato copiosi interventi mediatici sul "fenomeno". Fenomeno che, senza freni inibitori, discute in negativo della storia d'uomini, tenaci, intelligenti, anticipatori d'eventi, che hanno servito con umiltà e dedizione il Paese. E' la storia, quella appena accennata, delle "periferie della politica". Che non hanno possibilità alcuna di diventare il "centro del mondo". O forse, sì. Con atti di coraggio e di responsabilità che alla fine riabilitano e danno dignità. Chi ha consentito che la "periferia della politica" delle nostre terre, restringesse sempre più la sua capacità di leggere i segni del tempo e di interpretare al meglio le esigenze delle Comunità, provi ad andare via. Il paese non ne risentirebbe e la "periferia della politica" ritroverà, così, prestigio, autorevolezza e coraggio.

*architetto e giornalista

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