C'era una volta la sagra
Esisteva un tempo, forse menzognero,
in cui la vita riluceva alle gaie ricorrenze paesane,
intrisa pure di voci villane,
queste distoglievano la mente dal quotidiano pensiero.
Paese mio, mascherato a festa,
rendevi ebbri d'allegria,
dimentico della latente malattia
ch'avrebbe avvizzito pur anche l'ultima ginestra.
Questo però è quel che è stato,
oggi anche nello scherzo
s'adombra l'alone del dissesto;
funesto,
questo tempo ha un suono lercio.
La vita in queste pieghe è tanto strana,
chi dovrebbe pensar al bene nostro
passa l'ore a cercar gloria malsana.
Così dunque crede di aver terminato
il suo operato
la bella, addetta alla cultura, che s'adopera,
nel valorizza il vetusto centro,
e che gonfia di tanto ingegno,
tenta di sfasciar la sola degna opera.
Per non spender poi una parola pel primo cittadino,
che armato di mestolo e retino,
intrattiene gli elettori preparando la leccornia
senza mostrar la benché minima vergogna.
Con tali genti a guidarti, paese mio,
non risorgerai dalle tue ceneri
come la fenice impressa nel mito
ma piuttosto rispecchierai il gambero,
che per sua natura,
più va avanti, più torna indietro.....
Ah dannata sventura!
[poesia pubblicamente affissa]