Mattero Renzi come "Zì Pacione nbizzicandsota"

andrea forgioneSia pace all'anima sua.  Se la memoria non ci tradisce deve essere morto  una decina di anni fa'. Era un cittadino di Grottaminarda che di mestiere faceva  “ accuogli Fierro Viecchio” . Passava per i comuni dell'alta Irpinia una volta a settimana con un vecchio  camion leoncino e riciclava le vecchie ferraglie. In cambio , negli anni 60 , offriva qualche pentola , poi negli anni settanta offriva bacinelle e catini di plastica. In ogni paese era conosciuto con un nomigliolo diverso: a Paternopoli era zi pacione, a montella nbizzicandosta, a Castelfranci  a fornacella. Raccoglieva di tutto: vecchie brande, fornacelle,  caorare, biciclette, lamiere, chiodi, zappe. Il suo arrivo in paese era annunciato dai “ bannitori”,  paesani che per mestiere  giravano il centro storico annunciando l'arrivo dell'ambulante di turno, ricevendone in cambio pochi soldi.  Il suo giro per i paesi dell'irpinia durava tutto il giorno , poi a sera, tornato a Paternopoli, si sedeva davanti ad un caffe'  , beveva una birra ghiacciata  ed esclamava: “ anche oggi aggio inghiuto no bello cammio re monnezza, ringraziamo lo Signore”.

Una vecchia storia che  rischia di  diventare  metafora della metamorfosi di Matteo Renzi:  da rottamatore a riciclatore. Infatti , stanno tutti per diventare renziani.  In ordine gli ultimi sono stati   il sindaco di Palermo Orlando e quello di Catania Bianco. Ma in tutta Italia si registra lo stesso  fenomeno  . Sul leoncino di Matteo  ormai ci sta di tutto, a diversa gradazione di arrugginimento .  Prima era toccato  a Veltroni, poi a  D'Alema , adesso ai loro luogotenenti sui territori.

Anche in Irpinia  si assiste alla stessa sceneggiata. Sul leoncino  di Matteo  fanno a gara per salire: franceschiniani, demitiani pentiti, comunisti evoluti davanti al caminetto del satrapo di Nusco , socialisti  opportunisti, deputati regionali, sindaci  che avevano  prima strizzato l'occhio a Barca, bersaniani folgorati come Saulo sulla via di Damasco, nani , ballerine e saltimbanchi  .

In fondo la storia si ripete. Anche nel 1860  i piemontesi , entrati in possesso del regno delle due sicilie,  confermarono grado e prestigio a tutti i generali borbonici , che in una frazione di secondo si erano convertiti alla casa Savoia. Ma i piemontesi furono furbi. Confermarono il grado ai generali traditori e trasformisti ma  li esiliarono dalla cabina di regia del potere  , che rimase saldamente nelle mani dei frequentatori dei salotti buoni di Torino.

Ci auguriamo che anche tu Matteo faccia lo stesso. Serviti  pure “dei ferri vecchi  politici” per vincere ma poi ….....allontanali dalla cabina di regia. Altrimenti rischi di fare la fine di zi pacione che davanti ad un caffe' , con una birra in mano,  si autocompiaceva  esclusivamente di aver riempito il suo  leoncino  di un carico  di monnezza.

Andrea Forgione, portavoce comitato pro Renzi Paternopoli e  dirigente provinciale PD

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