A proposito del "Sessantotto spiegato a" chi, evidentemente, non l'ha capito, malgrado l'abbia vissuto in prima persona, nei giorni scorsi qualcuno ha scomodato persino la memoria storica degli "espropri proletari di Lotta Continua", che probabilmente rappresentano un argomento un po' eccessivo e generico. Tuttavia, rimanendo in tema di rievocazioni del passato che, a quanto pare, non insegna molto nemmeno a chi l'ha vissuto direttamente (Gramsci diceva "la storia è maestra, ma non ha scolari"), mi è subito saltato alla mente il periodo delle cosiddette "radio libere", quando a Lioni era molto attiva un'emittente radiofonica denominata RPL (acronimo di Radio Popolare Lioni), il cui slogan era "Radio Popolare Lioni: l'unico punto rosso dell'Alta Irpinia".
Ebbene, se non ricordo male (qualcuno provvederà a rettificarmi o smentirmi, se occorre) i locali che all'epoca ospitavano la Radio erano occupati "abusivamente", come i pagamenti delle varie bollette di luce, acqua ecc. non erano sempre in perfetta regola.
Rammento inoltre che, sempre in quegli anni "plumbei", gli attivisti ed i frequentatori, abituali o meno, della Radio venivano additati e stigmatizzati da una parte della popolazione come un "covo di drogati" o, peggio ancora, "brigatisti". Oltretutto, la sede della Radio offriva contemporaneamente lo spazio fisico in cui si riuniva un gruppo locale di Lotta Continua, che era anche piuttosto consistente sul piano numerico e che confluì successivamente in Democrazia Proletaria. Insomma, la "morale della favola" è la seguente: quelli che furono le "vittime" di ieri, sono diventati i "carnefici" di oggi.
Immagino già quali obiezioni si possano muovere al contenuto del mio intervento: 1) la Radio non ha mai occupato spazi pubblici, bensì solo locali privati presi regolarmente in affitto; 2) le bollette venivano pagate, seppure in ritardo; 3) a differenza del Rouge, la Radio non ha mai goduto di alcun "privilegio", vale a dire finanziamenti, sovvenzioni ed altre concessioni pubbliche; 4) la disponibilità al dialogo ed alla trattativa dimostrata dal sindaco di Lioni e da una parte dell'amministrazione comunale, sarebbe la conferma evidente di un "clima" assai diverso rispetto a quello degli anni '70; e via discorrendo.
Senza voler urtare la suscettibilità dei singoli, sembra che le parti si siano bruscamente invertite, come sovente capita nel corso della storia. Personalmente, al di là di alcune innegabili distinzioni, mi è parso di ravvisare qualche analogia ed affinità, quantomeno ideologica, rispetto al "caso Rouge". Mi riferisco anzitutto al contesto generale, al cumulo di pregiudizi, al clima di ostilità, chiusura ed ostracismo che la Radio doveva affrontare in quel periodo, proprio in quanto portatrice di una "controcultura" e di una diversa concezione della socialità e della politica. Un po' quello che il Rouge cerca di esprimere oggi, tenendo ovviamente conto delle distanze esistenti tra i momenti storici.
Il mio non è tanto, solo o semplicemente, un tributo rievocativo ed allusivo rispetto alla memoria storica di un'intera generazione a cui anch'io appartengo, bensì un'esortazione a non commettere oggi gli errori, i misfatti o le colpe, che si è dovuti subire in passato.
Concludo parafrasando quello slogan, efficace ed emblematico, di Radio Popolare Lioni, adattandolo però alle circostanze attuali: "Rouge: l'unico punto rosso dell'Alta Irpinia".
P.S. Per chi non l'avesse ancora intuito, a scanso di eventuali equivoci, voglio precisare che il significato, i toni e le intenzioni di questo mio articolo sono assolutamente ironici.