Stavolta ha vinto la politica della gente

Mi permetto di intervenire su una questione che ultimamente si è imposta con forza al centro della politica lionese.

Mi riferisco all' "antenna dei tumori" (una giusta definizione, che trova riscontri e conferme in numerose indagini statistiche e ricerche scientifiche condotte negli ultimi anni nel campo delle onde elettromagnetiche e dei loro effetti nocivi sulla salute delle persone) ed alla decisone relativa alla sua rimozione dalla zona dove è stata dislocata, il Rione San Bernardino di Lioni. Si tratta dell''ordinanaza n. 90 del 4 dicembre 2006, con cui l''Amministrazione comunale lionese ha disposto la demolizione del ripetitore Telecom installato (appunto) nell''area del succitato quartiere.

Una delibera assunta, non in forza dell'autonomia e della sapienza amministrativa e decisionale dell'Ente comunale, bensì in seguito alla presa di coscienza e all''iniziativa popolare sostenuta e sottoscritta da una parte cospicua dei cittadini lionesi (689 firmatari costituiscono all''incirca un decimo della popolazione residente, come è stato ricordato dallo stesso Giovanni Sbordone nell''articolo pubblicato sul blog di Vittorio Napolillo), a riprova che talvolta (non sempre, ma talvolta) le vertenze e le lotte popolari della gente possono condurre ad esiti positivi, ancorché insperati ed inattesi, per cui la soddisfazione derivante dal successo conseguito, è notevolmente accresciuta.

Naturalmente, il merito principale di un simile risultato, a dir poco clamoroso, va indubbiamente riconosciuto all''architetto Giovanni Sbordone, il quale ha saputo insistere e proseguire con tenacia e convinzione lungo il cammino intrapreso oltre un anno or sono, fino a portare in discussione in Consiglio Comunale l'oggetto della petizione popolare, sottoscritta non da 200, ma da quasi 700 firme! Infatti, richiamandosi all'art. 43 dello Statuto comunale di Lioni, è stato possibile ottenere lo scopo prefissato sin dall''inizio, ma che col trascorrere del tempo, delle settimane, dei mesi, sembrava allontanarsi sempre più dalla mèta, per cui era lecito temere che anche tale questione potesse (fatalmente) precipitare nell''oblio.

Come d''altronde è già successo in altre circostanze.

Come accade nel caso di un fiume, l'Ofanto, che in passato è stato testimone di vicende storiche memorabili, di battaglie epocali (si pensi alle terribili guerre sannitiche, condotte dai Romani, in piena espansione politico-militare nel sud della penisola, contro le popolazioni osco-sannitiche, con cui era federata la tribù degli Irpini, o alle guerre puniche, nella fattispecie allo scontro "epico" tra l''esercito romano e la spedizione cartaginese in Italia, guidata dal grande condottiero Annibale, i cui soldati in vent''anni di permanenza hanno generato una numerosa prole ed una progenie duratura, spargendo il seme africano in Italia: non a caso qui da noi, nel Meridione, sono assai diffusi i caratteri somatici nordafricani, per cui la band napoletana degli Almamegretta ha composto un bellissimo brano intitolato appunto "Figli di Annibale" - scusate la lunga digressione storico-locale e musicale), e che ora è ridotto ad una vera e propria cloaca, ad una discarica a cielo aperto, come ha giustamente ricordato lo stesso Giovanni Sbordone nel succitato articolo.

Così come avviene da anni rispetto ad una cava, quella che sta letteralmente divorando una montagna ai cui piedi sorge un'intera contrada rurale. Il padrone della cava si reputa forse il "padrone" del territorio, del paese, dell''intera cittadinanza? Come è possibile che siano tenuti in ostaggio la politica, i diritti delle persone, la democrazia locale? Di quali protezioni politiche gode? Quali influenze è in grado di esercitare in virtù del servilismo mostrato dalle istituzioni locali, in virtù quindi dell''eccessiva sensibilità, del trasporto e della passione che taluni "politicanti" serbano verso il potere seduttivo e il fascino, subdolo e perverso, del dio denaro?

Questo "fatalismo", così diffuso tra la gente, è il peggior nemico della gente stessa, nella misura in cui induce a pensare che nulla possa cambiare e che tutto sia già prestabilito e deciso da una sorta di destino superiore, da una forza trascendente, contro cui i miserabili e gli umili sarebbero assolutamente impotenti, ma così non è. Il successo dell''iniziativa dimostra, invece, che le cose possono essere cambiate, basta volerlo.

In tema di "fatalismo", di apatia e di indifferenza politica, non si può non citare un famoso scritto giovanile di Antonio Gramsci, intitolato "Odio gli indifferenti", in cui il grande comunista sardo scriveva che vivere vuol dire  "Essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L'indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. L'indifferenza è il peso morto della storia (...) Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti". Mi pare che non ci sia molto da aggiungere.

Sempre in materia di assenteismo e di non partecipazione alla vita politica, rammento un bellissimo scritto di Bertold Brecht, che diceva: "Il peggior analfabeta è l''analfabeta politico". Non c'è nulla di più vero e di più saggio. Brecht sostiene che l''analfabeta politico "non sa che il costo della vita, il prezzo dei fagioli, del pesce, della farina, dell''affitto, delle scarpe e delle medicine dipendono dalle decisioni politiche. L'analfabeta politico è talmente asino che si inorgoglisce, petto in fuori, nel dire che odia la politica. Non sa, l''imbecille, che dalla sua ignoranza politica nasce la prostituta, il minore abbandonato, il rapinatore e il peggiore di tutti i banditi, che è il politico disonesto, leccapiedi delle imprese nazionali e multinazionali.". Ed io aggiungo: "e delle imprese locali"...

In altri termini, se te ne freghi della politica, la politica ti frega!

Per incalzare ed insistere su questo punto, potrei citare il momento centrale di una canzone di Giorgio Gaber, che recita: "Libertà è partecipazione".

Sempre in tema e in vena di citazioni illustri, mi preme menzionare una celebre frase del grande filosofo greco Aristotele, che diceva: "L'uomo è un animale politico". Ebbene, parafrasando l''aforisma aristotelico e il succitato brano di Brecht, mi viene da chiosare e commentare in tono ironico: "L'uomo apolitico (colui che non si occupa di politica e se ne vanta), ossia l''analfabeta politico, è semplicemente un animale".

Concludo, sottolineando che il vero protagonista della vicenda, la vera forza espressa in questa vertenza locale, tradottasi in un''equa risoluzione, è costituita senza dubbio dalla gente lionese, per cui si riconferma e si consolida un vecchio dato storico, ossia che il protagonismo politico delle masse popolari, quando è sorretto da giuste ragioni e convinzioni, è sempre vincente ed è difficile da contrastare e ridurre all''impotenza. 

Mi accorgo soltanto ora di essere stato alquanto logorroico e dispersivo, di aver scritto un fiume denso di parole, inondando le pagine dei lettori.

Ma non potevo fare diversamente, per cui l'ho fatto a modo mio, secondo il mio stile, forse apparentemente "retorico" e "verboso", ma in realtà vivo, appassionato, direi partigiano (nel senso inteso da Gramsci), ma non fazioso o dogmatico, sempre aperto e facile alle digressioni, disposto a mettere in discussione tutto e tutti, compreso il sottoscritto.

 

Lucio Garofalo

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