Tra i due litiganti... L'uomo del monte gode!

Quest'anno, a contendersi l'ambita carica di sindaco del Comune di Lioni si sono presentati due esponenti della Margherita, esattamente due demitiani a denominazione d'origine controllata: l'uno che possiamo considerare di centro-sinistra e l'altro provvisoriamente prestato al centro-destra, sebbene la formazione elettorale in questione abbia camuffato le proprie reali connotazioni politiche con un blando travestimento in chiave di "lista civica".

L'uno è di centro-sinistra, l'altro di centro-destra, o viceversa? 

Decidete voi, tanto sono interscambiabili.

E' infatti un dato oggettivamente inoppugnabile e fin troppo palese che i due candidati in lizza siano entrambi demitiani, in quanto entrambi sono iscritti al circolo della Margherita ed entrambi gravitano nell'orbita demitiana.

Divide et impera

Probabilmente la principale differenza tra i due, in un certo senso contingente, è la seguente: l'uno è un demitiano dell'ultima ora, un ex demoproletario, addirittura un ex antidemitiano (improvvisamente convertitosi sulla via per Nusco), l'altro è invece un esponente della vecchia guardia demitiana, appartenente alla tradizione democristiana lionese.

Il professore ex marxista ha ricevuto una vera e propria investitura dall'alto (del monte di Nusco), per cui è diventato il referente ufficiale di De Mita sul territorio comunale, è il candidato alla poltrona di sindaco di una coalizione di centro-sinistra che gravita passivamente nell'orbita demitiana, ruotando attorno al nuovo "astro" del demitismo irpino alla stregua di tanti, inerti corpi satellitari. E' innegabile che tale "squadra" sia fortemente incentrata sulla figura e sull'azione di tale candidato neo-demitiano, ed è altrettanto evidente che la composizione del centro-sinistra risenta notevolmente dell'egemonia demitiana.

Tuttavia, l'altro candidato appare ed è conosciuto come il più demitiano fra tutti, essendo un democristiano di vecchia data, un demitiano dalla cima dei capelli fino alla punta dei piedi.

Con ciò mi riferisco (senza offesa) soprattutto alla forma-mentis, alla mentalità politica, ma anche ad una condizione di conclamata sudditanza psicologica verso il "grande capo".

Ebbene, dietro una scena di apparente contrapposizione politica, in un quadro di mera disputa elettorale, si annida un "diabolico" disegno strategico di conservazione del potere da parte di colui che da decenni sa trarre i maggiori profitti dalle situazioni di divisione e di contrasto all'interno degli schieramenti del centro-sinistra, a Lioni come altrove.

Insomma, la mia riflessione si può banalmente ridurre in sintesi nel seguente modo: "divide et impera", tanto per citare una celebre frase latina che esprime una verità storica ben nota agli antichi Romani, i quali non a caso hanno saputo fondare e mantenere un impero assai vasto e duraturo, in grado di perpetuarsi per oltre 5 secoli.

Deficit di democrazia

Riprendendo il discorso iniziale, un dato è certo: anche a Lioni dobbiamo rassegnarci all'assenza di un'autentica forza di opposizione e di alternativa al sistema di potere demitiano, che sembra essersi imposto persino in una piazza appartenente storicamente alla sinistra.

Rammento uno slogan caro ad un'intera generazione di giovani lionesi, una frase molto usata nelle trasmissioni della mitica Radio Popolare Lioni (R.P.L.): "Radio Popolare Lioni: l'unico punto rosso dell'Alta Irpinia"!

Quel "punto rosso" costituisce ormai un allarme rosso, è il segnale di una pericolosa crisi e decadenza della democrazia (persino di quella formale e rappresentativa) nelle nostre realtà. 

In particolare, nel mio Comune manca da tempo una vera opposizione, a livello istituzionale ed extra-istituzionale, per cui si registra un pesante deficit di democrazia politica, un vuoto di trasparenza e vigilanza sociale che rischia di favorire qualsiasi arbitrio o abuso da parte chi detiene il potere decisionale nella Pubblica Amministrazione.

E' soprattutto per tale ragione che, pur rispettandola doverosamente, non condivido affatto l'opzione dei compagni del circolo del P.R.C. di Lioni che hanno deciso di appoggiare il candidato voluto dall'uomo del monte.

Devo confessare amaramente il mio disappunto e la mia disapprovazione verso la scelta compiuta dai compagni di Lioni, ma nel contempo aggiungo che rispetto a malincuore tale linea. Inoltre, credo che mi recherò alle urne per sostenere il candidato del P.R.C., anche perché temo che abbia bisogno del maggior numero possibile di voti in quanto potrebbe non farcela ad essere eletto. Il mio sarà un gesto mosso non da convinzioni di carattere politico, bensì da un sincero affetto e da uno spirito di gruppo, pur non essendo iscritto al Circolo P.R.C. di Lioni da almeno tre anni, e nonostante le mille perplessità e contrarietà che nutro e manifesto verso la decisione di aderire ad uno schieramento di centro-sinistra apertamente egemonizzato ed influenzato da De Mita e dal suo apparato politico-clientelare ed affaristico.

Ammetto che tale ragionamento possa apparire contraddittorio: prima prendo le distanze dalla posizione assunta dal P.R.C. di Lioni e poi confesso di appoggiare il candidato comunista, pur dichiarando i miei dubbi e le mie riserve. Così spiegato il senso del mio discorso risulta controverso. In effetti la contraddizione esiste, ma non intendo e non posso risolverla, soprattutto per motivi di natura "sentimentale", ossia per un senso di amicizia che mi lega ai compagni del circolo di Lioni, non dunque per ragioni di ordine strettamente politico.

Inoltre, ogni voto sarà utile e necessario a far eleggere il candidato di Rifondazione Comunista, contrariamente a quanto sostengono gli stessi "alleati", per cui sono convinto che dovrò recarmi alle urne pur non essendo d'accordo con le scelte compiute dal partito.

Mi auguro che, una volta eletto, il candidato comunista sappia esercitare un ruolo critico-costruttivo, di controllo e, se necessario, di disturbo e "destabilizzazione" rispetto agli equilibri e ai giochi di potere che si potranno instaurare all'interno della prossima Giunta comunale.

Io mi rivolgo in particolare a quelle generazioni di giovani irpini, nella fattispecie lionesi, che in passato hanno dovuto subìre (in tanti hanno reagito, pagando caro il loro coraggio) l'umiliazione del ricatto clientelare, ossia quella logica secondo cui sarebbe inevitabile piegarsi ai voleri e alle richieste di voto provenienti dal candidato di turno, per ottenere in cambio un favore, un posto di lavoro o altro, promesso ed elargito secondo metodi borbonici tuttora applicati per mantenere sotto controllo intere popolazioni.

Ebbene, mi pare che tale logica ricattatoria sia stato accettata anche da chi, nelle nostre zone, coltiva ambizioni politiche come, ad esempio, l'aspirazione alla carica di sindaco.

Il demitismo come "malattia senile" del post-marxismo

Ormai il demitismo ha conquistato stabilmente il territorio e lo scenario politico di Lioni, divorando ogni spazio di democrazia e di partecipazione politica dal basso.

In questo caso il termine "demitismo" sta ad indicare una sorta di "malattia senile" del post-marxismo lionese.

In altre parole, messo in soffitta Marx e il materialismo storico, è stato rispolverato il vecchio De Mita, sempre in auge, per cui in luogo della rivoluzione totale si punta ad occupare l'area del potere locale con l'avallo dell'uomo del monte. Dal tempo in cui si "progettava" l'assalto alla villa di Ciriaco, si è giunti al tempo in cui si preferisce ripiegare verso un più comodo ed utile pellegrinaggio in quel di Nusco.

Alla faccia della coerenza e dell'onestà, comunemente giudicate come le "virtù dei fessi"!

A parte la facile ironia, vorrei soffermarmi su alcune questioni che ritengo molto serie.

Anzitutto, occorre comprendere la portata politico-culturale del demitismo e le gravi responsabilità storiche del sistema politico tuttora dominante rispetto ai ritardi e alle inefficienze nella ricostruzione, rispetto al mancato sviluppo economico delle nostre zone, rispetto al fallimento e al miraggio dell'industrializzazione in montagna, rispetto alla crescente disoccupazione tra i giovani irpini, costretti a un nuovo flusso migratorio (senza più ritorno), rispetto all'impoverimento, allo spopolamento e al degrado sociale delle nostre comunità.

Certo, non tutti i mali e le piaghe della nostra realtà sono imputabili al "signore" di Nusco e al suo apparato di potere; tuttavia esistono verità storiche che nessuno può smentire, se non in malafede.

De Mita è stato il massimo rappresentante istituzionale (ha ricoperto contemporaneamente gli incarichi di capo del governo e segretario nazionale della Democrazia cristiana) di una classe dirigente locale e nazionale che ha caratterizzato ed influenzato un lungo periodo storico coincidente con l'intera fase della ricostruzione post-sismica, la cui gestione è stata quantomeno discutibile nei metodi e nei fini.

Lo scandalo dell'Irpiniagate (ne parlo da sincero e convinto meridionalista) ha messo in luce un fitto intreccio tra politica ed affari, così come si è verificato altrove in Italia e si è avuto modo di scoprirlo attraverso le inchieste di Tangentopoli che hanno spazzato via come una bufera la Prima Repubblica, ma che hanno appena sfiorato il trono e il nome di De Mita. Tant'è vero che questi è l'unico esponente di un ceto politico annientato dai processi di Mani Pulite, che è riuscito a scampare agli effetti della tempesta giudiziaria.

L'Irpiniagate è stato raccontato dagli organi della televisione e della stampa ed è servito per scrivere qualche libro, ma le indagini e i processi non hanno sortito le conseguenze attese o immaginate.

De Mita è ancora in auge, ha saputo perpetuare e consolidare il suo potere in ambito locale, diventando persino il signore di Lioni, una roccaforte storica della sinistra.

In Irpinia il vero problema non è rappresentato dalla destra berlusconiana (benché Forza Italia sia oggi il primo partito a Lioni, almeno a giudicare dai dati delle ultime elezioni politiche) bensì dal centro demitiano.

Da sempre esso incarna il potere politico in Irpinia. Chiunque intendesse opporsi al potere doveva (e deve) fare i conti con Ciriaco De Mita. Tanti anni fa non era "normale" che l'uomo del monte dettasse legge a Lioni, che (ripeto) rappresentava un baluardo storico della sinistra. Oggi, invece, i diktat demitiani sono all'ordine del giorno.

Questo è indubbiamente un segno dell'involuzione politica dei nostri tempi.

Primarie negate

Voglio affrontare brevemente un'altra questione, che in un certo senso è la più delicata e controversa e che riassume le varie contraddizioni latenti ed insite nella scena politica locale.

Essa si sintetizza in un interrogativo: "chi e perché ha affossato le primarie a Lioni"?

Molto probabilmente le elezioni primarie avrebbero premiato un esponente del Fiorellino, eppure sono state ugualmente respinte. Perchè?

Qualunque esito ci fosse stato, sono convinto che la scelta di un metodo di designazione dal basso del candidato dell'Unione avrebbe placato e soddisfatto almeno in parte le coscienze più critiche, più sensibili ed esigenti in termini di democrazia partecipativa.

Di certo, il sottoscritto non avrebbe redatto e pubblicato il presente articolo.

Invece, non è stato concessa nemmeno una banale richiesta di elezioni primarie, che ormai sono una prassi diffusa e accettata ovunque, un metodo che inizia a riscuotere adesioni e consensi persino negli ambienti del centro-destra.

L'arroganza del potere demitiano supera evidentemente l'arroganza del potere berlusconiano!

Concludo con una provocazione che ha la pretesa di essere ironica e paradossale insieme: io avrei formato e presentato un terzo raggruppamento elettorale, dichiaratamente alternativo al sistema di potere vigente, sotto il simbolo della disciolta Democrazia Proletaria.

Chissà quanti voti di protesta avrebbe intercettato tale lista?

 

Lucio Garofalo

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