In Italia vivono più di ottomilioni di giovani di età compresa tra i 18 anni e i 30. Sono ragazzi che studiano, lavorano o sono praticanti negli studi di avvocati, ingegneri, architetti, commercialisti e notai, e molto spesso cumulano studio e lavoro per permettersi l'Università.
La situazione in cui si trovano questa moltitudine di giovani è simile a quella di una spirale Kafkiana: la mancanza di occupazione li conduce alla ricerca di lavoretti temporanei e instabili; i quali non gli permettono né di acquisire professionalità né di acquistare un' abitazione. Rimanendo a casa sulle spalle dei genitori, questi ragazzi prolungano il loro periodo di maturazione e di ingresso nel mondo nel lavoro, ritardando di conseguenza il loro inserimento stabile nei canali di raccolta della ricchezza. In questo modo anche la costruzione di una propria famiglia viene ritardata.
La evidente condizione di precarietà con cui le classi giovanili si trovano a fare i conti (precarietà occupazionale, precarietà contrattuale, precarietà del sistema di welfare e la difficoltà nel riceverne sussidio, caro affitti, costo della casa crescente) rende il loro futuro opaco e viscido, rischia di intrappolarli nella mediocrità.
Quello che i giovani chiedono a gran voce è di essere messi in condizione di potersi assumere le loro responsabilità.
Il talento ed il merito spesso non vengono incentivati, e per questo il nostro Paese ha intrapreso una deriva che non promette nulla di positivo.
L'Italia è da troppo tempo imbrigliata in istituzioni, corporazioni, imprese, pubbliche amministrazioni, enti che non riescono a dare risposte alle istanze dei cittadini e della società.
Alcune grandi corporazioni e interessi forti ingessano il tessuto sociale ed economico del Paese. E molto poco hanno a che fare con la vita di milioni di cittadini. Interessi privati e interessi corporativi governano i processi decisionali, impedendo alla forza viva della società di esprimersi.
C'è bisogno di attingere ad energie nuove.
Abbiamo bisogno di slegare la forza racchiusa e imprigionata nel corpo sociale e nei giovani, liberare le energie che insistono sul territorio, svincolare l'attività politica e amministrativa da antiche logiche d'interesse, ridare fiato ad una "macchina" ormai stanca e ripartire di slancio: non possiamo permetterci di perdere il treno della competitività internazionale. Bisogna agganciare l'Italia al vagone dell'innovazione.
Innovazione non solo tecnologica: ma soprattutto di spirito. La sottorappresentanza di genere e di età è un limite che il nostro Paese deve sapersi lasciare alle spalle. Il tessuto vivo della società manifesta da tempo l'intolleranza verso ogni forza di sfruttamento e di privilegio.
I giovani anche in politica sono poco rappresentati: in Parlamento sono presenti solo 3 deputati under 30.
E' giunto il tempo in cui chi ha dato alla politica e ha avuto da essa, lasci il posto a chi ha voglia di dare ancora, ancorché non abbia da aspettarsi nulla in cambio.
I giovani, ed in particolare quelli che credono nel progetto riformista e che contribuiscono a costruire il Partito Democratico, non vogliamo poltrone o nomine. Si trovano però a disagio nei confronti degli apparati dei due maggiori partiti del centro-sinistra che rischiano di intraprendere una strada che abbiamo già visto, fatta di cooptazioni poco trasparenti e meccanismi decisionali non del tutto democratici.
I giovani democratici chiedono solo di essere considerati come interlocutori politici e di avere gli strumenti e le possibilità per fare quello per cui si battono da sempre: rendere l'Italia un Paese migliore per chi ci vive.
Avellino 20.12.2006
Prof. Ing. Antonio Petruzzo, presidente APD Irpinia
Andrea Forgione, vicepresidente APD Irpinia