Sono sempre più numerosi gli analisti ufficiali e gli esperti di economia che ipotizzano il caso, ovviamente deprecabile, in cui saremmo di nuovo costretti a sacrifici giustificati in virtù di circostanze di “emergenza nazionale” derivanti da una ripresa degli assalti speculativi dei mercati azionari, per cui non sarebbe valsa a nulla la manovra “salva Italia” varata da Monti, che attinge dalle tasche dei cittadini oltre 30 miliardi di euro, ma secondo le stime della Confartigianato gli introiti varrebbero addirittura 63 miliardi.
Le risorse estorte ai pensionati e ai lavoratori non sarebbero nemmeno sufficienti a pagare gli interessi accumulati, per cui è facile prevedere in anticipo l’eventualità in cui possa degenerare la crisi del debito pubblico, preannunciando l’approvazione quasi imminente di ulteriori piani di intervento, vale a dire nuovi sacrifici e nuove operazioni estorsive ad esclusivo discapito delle classi lavoratrici e dei ceti sociali meno abbienti.
Supposto che Monti possa eseguire il lavoro sporco che gli è stato dettato dall’alta finanza mondiale, quanto tempo trascorrerà prima che si renda necessaria una nuova manovra? Persino un avvenimento apparentemente insignificante potrebbe rimettere in moto la spirale schizofrenica dei mercati azionari e saremmo di nuovo punto e daccapo.
Vi sono Paesi i cui titoli di stato sono valutati carta straccia e non sono marginali: il capitale finanziario internazionale sposta il denaro sulle economie più solide (si pensi ad esempio alla Germania) per garantirsi, per cui i titoli degli Stati più deboli sono costretti a pagare interessi crescenti e a spremere ulteriormente le masse popolari di quei Paesi.
Fino a che punto sarà possibile lo sfruttamento dei proletari prima che una violenta reazione di massa renda impraticabile il meccanismo architettato per l’espropriazione?
La cautela “democristiana” di Monti, l’invocazione di un’equità sostanzialmente falsa, il calmiere psicologico dell’eliminazione di alcuni odiosi privilegi di cui godono le cosiddette “caste”, non saranno sufficienti ad assicurare quell’atteggiamento di muta rassegnazione popolare di cui il potere ha bisogno per imporre la miseria obbligatoria. I sensori del potere sono in stato di allerta verso quanto affiora dalle viscere più profonde della società europea. La repressione potrà essere diffusa o parziale, ma non basterà.
L’Europa è il cuore del mondo: una rivolta delle masse popolari nel continente di più antica tradizione borghese scatenerebbe squilibri irreparabili, innescando una catena di azioni incontrollabili. Non possono evitare che ciò accada, possono solo cercare di rallentare o ritardare i prossimi avvenimenti, ma non hanno neanche il tempo per farlo.
Tutto ciò non sfugge al proconsole italiano dell’alta finanza internazionale, ossia Monti.
Ogni giorno si consuma un frammento dell’economia capitalista, sono chiusi o delocalizzati gli impianti produttivi, falliscono le fabbriche, crolla il potere d’acquisto dei salari. Oggi il capitalismo può solo provare a sopravvivere il più a lungo possibile, spegnendosi lentamente, ma non esistono le basi economico-sociali per una sua effettiva rinascita. Il processo ha un andamento diverso a seconda della struttura nazionale dei singoli Paesi in cui esplode la crisi. Quando la curia cattolica, con la millenaria sapienza del suo potere, suggerisce di sottrarre alle folli oscillazioni del mercato i beni di primaria importanza come cibo, medicine ed altro, è perché sente vacillare il mondo.
Ovviamente, non è ipotizzabile che il sistema collassi all’improvviso e nello stesso tempo in tutto il globo, ma la tendenza in atto è appunto una lenta, inesorabile, atroce agonia.
Lucio Garofalo