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La superstizione, quasi un codice di modelli comportamentali, un labirinto in cui smarrire l'orientamento razionale, fu un tempo parte essenziale della cultura dei popoli.
Intraprendendo quasi un'azione di recupero archeologico, scavando nella memoria di anziani che ne serbano tracce sepolte dall'incalzare degli eventi e dagli impietosi sedimenti dell'oblio, si è provato con questo lavoro a rilevarne i risvolti più significativi, prima che l'indifferenza ne cancellasse definitivamente anche l'ultimo labile segno.
Campo di ricerca è stato il territorio di Paternopoli. Lungi però dal contenere l'indagine entro i limiti della mera registrazione, si è inteso ravvivare la scarna esposizione delle favole integrandola con ricostruzioni ambientali ed emotive, al fine di restituire loro il fascino a cui un tempo l'ascoltatore normalmente soggiaceva, in quanto immerso nella realtà chele aveva generate, e che difficilmente avrebbe potuto cogliere il disincantato lettore contemporaneo.
Parimenti, nella narrazione di eventi arcani, pur se realizzata con immediatezza espositiva, volutamente spoglia di orpelli, non si è tralasciata l'occasione per riproporre aspetti di una dimenticata realtà quotidiana, per offrire una sintesi di ritmi di vita smarriti. La trascrizione di credenze, di sortilegi e di pratiche magiche vuole essere invece la fedele testimonianza di attività esoteriche, e viene proposta in una minuziosa descrizione di procedimenti e di riti, senza nulla concedere alla personale partecipazione.